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PACCHETTO SEMPLIFICAZIONE
MISURE IN MATERIA DI SICUREZZA SUL LAVORO sett 2012

(in attesa della valutazione definitiva del Ministero del Lavoro)

Indice

MISURE IN MATERIA DI SICUREZZA SUL LAVORO
(Misure di semplificazione per le prestazioni lavorative di breve durata)
(Misure di semplificazione in materia di sorveglianza sanitaria e in relazione ai rapporti tra
medico competente e servizio sanitario nazionale)
(Misure di semplificazione del documento di valutazione dei rischi da interferenza delle
lavorazioni)
(Misure di semplificazione del documento di valutazione dei rischi)
(Semplificazione di adempimenti in materia di sicurezza nei cantieri)
(Misure di semplificazione in materia di comunicazioni e notifiche)
(Misure di semplificazione in relazione ai lavori nei cantieri temporanei e mobili)
(Verifiche periodiche della attrezzature di lavoro)
MISURE IN MATERIA DI LAVORO E PREVIDENZA
(Collocamento obbligatorio. Criteri di computo della quota di riserva)
(Collocamento obbligatorio. Esclusioni)
(Pagamento dilazionato dei crediti contributivi)
(Prosecuzione volontaria)
(Armonizzazione base di calcolo delle prestazioni non pensionistiche INPS)
(Regime previdenziale per i lavori all’estero)
(Semplificazioni in materia di comunicazioni)
PROPOSTE IN MATERIA DI DURC
MISURE IN MATERIA DI INFRASTRUTTURE, BENI CULTURALI E EDILIZIA

(Eliminazione del silenzio rifiuto sul permesso di costruire in caso di vincoli)
(Modifiche all’articolo 146)
(Modifiche ai pesi percentuali delle categorie di opere generali e specializzate)
(Modifiche al Decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163)
(Disposizioni in materia di distanze)
MISURE IN MATERIA DI PRIVACY
(Misure minime di sicurezza)
(Semplificazioni in materia di privacy)
AMBIENTE
(Pubblicazione provvedimenti di VIA)
(Gestione acque sotterranee emunte)
(Semplificazioni delle procedure di bonifica siti contaminati)
(Terre e rocce da scavo – Cantieri di minori dimensioni)
(Norme in materia di esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici)
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(Materiali di riporto)
(Norme di semplificazione in materia di Valutazione di Impatto Ambientale)
(Accelerazione e semplificazione del procedimento di Autorizzazione Integrata Ambientale)
MISURE IN MATERIA ALIMENTARE
(Soppressione della tenuta specifica per l’utilizzo di alcol etilico ad accisa assolta)
(Modifica al Decreto legislativo 19 novembre 2008, n. 194, recante “Disciplina delle modalità di
rifinanziamento dei controlli sanitari ufficiali in attuazione del regolamento CE 882/2004”)
MISURE IN MATERIA DI PREVENZIONE INCENDI
(Modifica al Dpr. n. 151 del 2011)
MISURE IN MATERIA DI AGRICOLTURA
(Semplificazioni nel settore agricolo ed agroindustriale)
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                                       PACCHETTO SEMPLIFICAZIONE

MISURE IN MATERIA DI SICUREZZA SUL LAVORO
(in attesa della valutazione definitiva del Ministero del Lavoro)
Art. 1
(Misure di semplificazione per le prestazioni lavorative di breve durata)
1. All’articolo 3 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e successive modificazioni, è aggiunto,
in fine, il seguente comma: “13- bis. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali,
adottato di concerto con il Ministro della salute, sentita la Commissione consultiva permanente per
la salute e sicurezza sul lavoro e la Conferenza Stato-Regioni, nel rispetto dei livelli generali di
tutela di cui alla normativa di salute e sicurezza sul lavoro, sono definite misure di semplificazione
degli adempimenti relativi alla informazione, formazione e sorveglianza sanitaria previsti dal
presente decreto applicabili alle prestazioni che implichino una permanenza del lavoratore in
azienda per un periodo non superiore a cinquanta giornate lavorative nell’anno solare di
riferimento”.
Art. 2
(Misure di semplificazione in materia di sorveglianza sanitaria e in relazione ai rapporti tra
medico competente e servizio sanitario nazionale)
1. All’articolo 40 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e successive modificazioni, i commi 1
e 2 sono soppressi. Il comma 2-bis dell’articolo 40 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e
successive modificazioni, è riformulato come segue: “Entro il 31 dicembre 2013, con decreto del
Ministro del lavoro e del Ministro della salute, previa intesa della Conferenza per i rapporti tra
Stato, Regioni e Province autonome, vengono definiti, secondo criteri di semplicità e
comprensibilità, i contenuti dell’allegato 3A”.
2. L’Allegato 3B “Informazioni relative ai dati aggregati sanitari e di rischio dei lavoratori
sottoposti a sorveglianza sanitaria” è soppresso.
Art. 3
(Misure di semplificazione del documento di valutazione dei rischi da interferenza delle
lavorazioni)
1. All’articolo 26, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e successive modificazioni, sono
apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 3, dopo le parole “rischi da interferenze” sono inserite le seguenti: “o individuando un
proprio incaricato, in possesso di adeguata formazione, esperienza e competenza, per sovrintendere
a tale cooperazione e coordinamento” e, dopo le parole “lavori, servizi e forniture.”, è aggiunto il
seguente periodo: “Della individuazione dell’incaricato di cui al primo periodo o della sua
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sostituzione va data immediata evidenza nel contratto di appalto o di opera.”. Nel secondo periodo
le parole “Tale documento è” sono sostituite dalle parole “In caso di redazione del documento esso
è”.
b) il comma 3- bis è sostituito dal seguente:” Ferme restando le disposizioni di cui ai commi 1 e 2,
l’obbligo di cui al comma 3 non si applica ai servizi di natura intellettuale, alle mere forniture di
materiali o attrezzature, ai lavori o servizi la cui durata non sia superiore ai dieci uomini-giorno,
sempre che essi non comportino rischi derivanti dalla presenza di agenti cancerogeni, biologici,
atmosfere esplosive o dalla presenza dei rischi particolari di cui all’allegato XI, nonché nei casi in
cui i documenti di valutazione dei rischi del datore di lavoro committente e dell’impresa
appaltatrice considerano tutti i rischi dovuti a eventuali interferenze. Ai fini del presente comma,
per uomini-giorno si intende la durata presunta dei lavori, servizi e forniture desunta dal numero
delle giornate di lavoro necessarie al completamento dei lavori, servizi o forniture considerato con
riferimento all’arco temporale di un anno dall’inizio dei lavori”.
Art. 4
(Misure di semplificazione del documento di valutazione dei rischi)
1. All’articolo 29, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e successive modificazioni, dopo il
comma 6-bis, sono aggiunti i seguenti:
“6-ter. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, adottato, previo parere della
Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro, entro sessanta giorni
dall’entrata in vigore del presente decreto, sono individuati settori di attività a basso rischio
infortunistico. Nelle aziende fino a 10 lavoratori e nelle aziende che operano nei settori di cui al
precedente periodo che non hanno avuto infortuni che comportano l’assenza dal lavoro per un
periodo superiore ai tre giorni e nelle quali non siano state denunciate malattie professionali nei due
anni precedenti, i datori di lavoro possono attestare di avere effettuato la valutazione dei rischi sulla
base di dichiarazioni redatte in forma semplificata utilizzando il modello allegato al presente
decreto. Agli effetti di cui al periodo che precede non vanno computati gli infortuni in itinere.
6-quater. Le disposizioni di cui al comma che precede si applicano anche ai datori di lavoro che
occupano fino a 50 lavoratori, ad eccezione delle aziende di cui al comma 7, e che hanno ottenuto o
sono nelle condizioni di ottenere la riduzione del tasso medio di tariffa ai sensi delle vigenti
disposizioni.
6-quinquies. Le imprese di nuova costituzione che operano nei settori di attività di cui al comma 6-
ter, effettuano la valutazione dei rischi sulla base delle procedure standardizzate di cui all’articolo 6,
comma 8, lettera g), nei due anni successivi alla data di costituzione. Per il periodo successivo al
biennio dalla data di costituzione delle imprese trovano applicazione le disposizioni di cui ai commi
6-ter e 6-quater.
6-sexies. Fino alla pubblicazione del decreto di cui al comma 6-ter trovano applicazione le
disposizioni di cui ai commi 5, 6 e 6-bis.”.
Art. 5
(Semplificazione di adempimenti in materia di sicurezza nei cantieri)
1. Dopo l’articolo 104 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 è inserito il seguente: “ art.104-
bis. (Misure di semplificazione nei cantieri temporanei e mobili) Con decreto del Ministro del
lavoro e delle politiche sociali, adottato previo parere della Commissione consultiva permanente per
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la salute e sicurezza sul lavoro, entro sessanta giorni dall’entrata in vigore del presente decreto,
sono individuati modelli semplificati per la redazione del piano operativo di sicurezza di cui
all’articolo 89, comma 1, lettera h, del piano di sicurezza e coordinamento di cui all’articolo 100,
comma 1, e del fascicolo dell’opera di cui all’articolo 91, comma 1, lettera b)”.
2. All’articolo 131 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, dopo il comma 2, è inserito il
seguente: “2-bis. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali e del Ministro delle
infrastrutture e trasporti, adottato previo parere della Commissione consultiva permanente per la
salute e sicurezza sul lavoro, entro sessanta giorni dall’entrata in vigore del presente decreto, sono
individuati modelli semplificati per la redazione del piano di sicurezza sostitutivo del piano di
sicurezza e coordinamento di cui al comma 2, lettera b), del presente articolo”.
Art. 6
(Misure di semplificazione in materia di comunicazioni e notifiche)
1. A decorrere dalla data di entrata in vigore dell’obbligo di cui all’articolo 18, comma 1, lettera r),
del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e successive modificazioni, l’articolo 54 del decreto del
Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, è abrogato.
2. A decorrere dalla data di entrata in vigore dell’obbligo di cui all’articolo 18, comma 1, lettera r),
del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e successive modificazioni, all’articolo 56 del decreto
del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il primo comma è sostituito dal seguente: “Le autorità di pubblica sicurezza, le autorità portuali e
consolari, le direzioni provinciali del lavoro e i corrispondenti uffici della Regione Sicilia e delle
province autonome di Trento e di Bolzano competenti per territorio acquisiscono dall’INAIL,
mediante accesso telematico, i dati relativi alle denunce di infortuni sul lavoro mortali e di quelli
con prognosi superiore ai trenta giorni.”.
b) al secondo comma, l’alinea è sostituita dalla seguente: “Nel più breve tempo possibile, e in ogni
caso entro quattro giorni dalla presa visione, mediante accesso alla banca dati INAIL, dei dati
relativi alle denunce di infortuni di cui al primo comma, la direzione provinciale del lavoro – settore
ispezione del lavoro procede ad un’inchiesta al fine di accertare:”.
c) dopo il quarto comma è inserito il seguente: “Agli adempimenti di cui al presente articolo si
provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili, senza nuovi o maggiori oneri a
carico della finanza pubblica.”.
3. L’articolo 67 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e successive modificazioni, è modificato
come di seguito:
“1. In caso di costruzione e realizzazione di edifici o locali da adibire a lavorazioni industriali,
nonché nei casi di ampliamenti e ristrutturazioni di quelli esistenti, i relativi lavori devono essere
eseguiti nel rispetto della normativa di settore e devono essere comunicati all’organo di vigilanza
competente per territorio i seguenti elementi informativi:
a) descrizione dell’oggetto delle lavorazioni e delle principali modalità di esecuzione delle stesse;
b) descrizione delle caratteristiche dei locali e degli impianti.
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2. Il datore di lavoro effettua la comunicazione di cui al comma 1 nell’ambito delle istanze, delle
segnalazioni o delle attestazioni presentate allo sportello unico per le attività produttive con le
modalità di cui al decreto del Presidente della Repubblica 7 settembre 2010, n. 160. Entro novanta
giorni dalla pubblicazione del presente decreto, secondo criteri di semplicità e comprensibilità, con
decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali e del Ministro per la pubblica
amministrazione e l’innovazione, sentita la Conferenza per i Rapporti tra lo Stato, le Regioni e le
Province autonome, vengono individuate le informazioni da trasmettere e definiti i modelli uniformi
da utilizzare per i fini di cui al presente articolo.
3. Le Amministrazioni che ricevono le comunicazioni di cui al comma 2 provvedono a trasmettere
in via telematica le informazioni loro pervenute con le modalità di cui al comma 2 all’organo di
vigilanza competente per territorio.
4. La comunicazione di cui al presente articolo si applica ai luoghi di lavoro ove è prevista la
presenza di più di tre lavoratori.
5. Fino alla pubblicazione del decreto di cui al comma 2 trovano applicazione le disposizioni di cui
al comma 1.”
4. All’articolo 99 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e successive modificazioni, sono
apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1, dopo le parole “sanitaria locale”, la parola “e” è sostituita dalla parola “o”;
b) dopo il comma 1, è inserito il seguente: “1-bis. Tale notifica può essere effettuata in via
telematica, anche per mezzo degli organismi paritetici o delle organizzazioni sindacali dei datori di
lavoro.”.
c) dopo il comma 3 è inserito il seguente: “3-bis. In caso di notifica ai sensi del presente articolo
non va effettuata la notifica di cui all’articolo 67.”.
5. All’articolo 225, comma 8, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e successive
modificazioni, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: “Tale comunicazione può essere effettuata in
via telematica, anche per mezzo degli organismi paritetici o delle organizzazioni sindacali dei datori
di lavoro.”.
6. All’articolo 240, comma 3, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e successive
modificazioni, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: “Tale comunicazione può essere effettuata in
via telematica, anche per mezzo degli organismi paritetici o delle organizzazioni sindacali dei datori
di lavoro.”.
7. All’articolo 250, comma 1, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e successive
modificazioni, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: “Tale comunicazione può essere effettuata in
via telematica, anche per mezzo degli organismi paritetici o delle organizzazioni sindacali dei datori
di lavoro”.
8. All’articolo 277, comma 2, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e successive
modificazioni, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: “Tale comunicazione può essere effettuata in
via telematica, anche per mezzo degli organismi paritetici o delle organizzazioni sindacali dei datori
di lavoro.”
Art. 7
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(Misure di semplificazione in relazione ai lavori nei cantieri temporanei e mobili)
All’articolo 88, comma 2, lettera g-bis, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e successive
modificazioni, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: “, ivi compresi i piccoli scavi senza
costruzione, finalizzati alla creazione delle infrastrutture per servizi”.
Relazione unica ( su tutte le disposizioni che precedono)
La rivisitazione delle regole della salute e sicurezza negli ambienti di lavoro pubblici e privati
realizzata per mezzo della recente riforma (D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, come modificato e integrato
dal D.Lgs. 3 agosto 2009, n. 106, anche noto come “Testo unico” di salute e sicurezza sul lavoro)
ha collocato l’Italia nel novero dei Paesi in possesso di una legislazione completa e moderna in
materia di prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali, del tutto coerente con i livelli
di tutela individuati dalle Convenzioni dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro e,
ovviamente, dalle Direttive dell’Unione europea in materia.
Tale normativa individua, quindi, livelli di tutela inderogabili, sia in quanto diretti a garantire alle
lavoratrici e ai lavoratori pubblici e privati l’effettività del diritto costituzionale alla salute (art. 32
Cost.) che in quanto traduzione e attuazione delle direttive comunitarie di riferimento, tutte
puntualmente recepite nel tempo dall’Italia attraverso previsioni ora confluite nel contesto unitario
del citato “Testo unico”. Invero, proprio l’Unione europea ha allo studio una serie di iniziative
dirette a evidenziare l’opportunità di procedere a una semplificazione degli adempimenti connessi
alla disciplina della salute e sicurezza sul lavoro, avendo come riferimento unicamente gli
adempimenti burocratici e documentali, tali da non incidere sui livelli di tutela in discussione.
L’idea è quella di favorire la gestione della salute e della sicurezza sul lavoro da parte delle imprese
che sia diretta a perseguire il rispetto dei livelli di tutela limitando l’utilizzo di risorse aziendali per
adempimenti meramente formali. dalle Anche le parti sociali hanno elaborato e approvato, in data
11 febbraio 2009, presso la Commissione I (in sede deliberante) del CNEL un documento relativo
alla “semplificazione degli adempimenti dell’impresa relativi alle comunicazioni alla pubblica
amministrazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro – osservazioni e proposte”, le quali sono
state ampiamente considerate nella stesura del presente documento.
Le proposte di semplificazione si collocano in tale contesto e consistono nell’ eliminazione di
attività formali, e prevedono il ricorso a forme di comunicazione telematica, per consentire ai
datori di lavoro pubblici e privati di concentrare attenzione, risorse e attività su adempimenti
necessari a raggiungere e mantenere ovunque i livelli di tutela della salute e sicurezza che sia le
normative internazionali che quelle italiane impongono.
L’articolo 1 attribuisce ad un decreto del Ministro del lavoro, di concerto con il Ministro della
salute, sentita la Conferenza Stato-Regioni e la Commissione consultiva per la salute e sicurezza sul
lavoro, il compito di individuare misure di semplificazione degli adempimenti ove la prestazione
del lavoratore presupponga una permanenza di breve durata nei luoghi di lavoro. Ciò per evitare che
la applicazione rigorosa dei dettati del “testo unico” di salute e sicurezza sul lavoro si traduca nella
ripetizione, per ragioni solo formali, di adempimenti già posti in essere dallo stesso o da altri datori
di lavoro. Si pensi, ad esempio, alla necessità di sottoporre il lavoratore a visita medica di controllo
per ogni prestazione lavorativa, anche di poche ore, o a quella, ove previsto, di ripetere la medesima
attività di formazione riferita a analoga attività perché il datore di lavoro presso il quale il prestatore
svolge la prestazione è mutato rispetto al datore di lavoro precedente, pur nel medesimo settore
produttivo. Misure analoghe a quelle in parola sono state previste dal “testo unico” di salute e
sicurezza dall’articolo 3, comma 13, per quanto in relazione ai soli lavoratori agricoli (il relativo
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decreto, elaborato tenendo conto di quanto in un apposito “avviso comune” tra le parti sociali, è in
fase di perfezionamento).
L’articolo 2. elimina la previsione – oggetto di forti critiche da parte delle stesse associazioni
mediche – in forza della quale i medici competenti sono tenuti a predisporre una assai onerosa
relazione annuale da trasmettere alla ASL, nella quale riproporre dati, relativi alla sorveglianza
sanitaria, già in possesso delle Pubbliche Amministrazioni. Si mantiene, invece, la previsione di
procedere alla semplificazione dei contenuti della cartella sanitaria e di rischio, in modo che essi
siano di semplice elaborazione e lettura, oltre che efficaci rispetto alla finalità di legge.
L’articolo 3 prevede, innanzitutto, che l’obbligo di redazione del c.d. “documento unico di
valutazione delle interferenze” possa essere sostituito dalla individuazione, a carico del datore di
lavoro committente, di un responsabile che sovraintenda e vigili sulle attività appaltate o affidate a
lavoratori autonomi e che di tale individuazione venga data evidenza nel contratto di appalto o
opera. La norma, tenendo conto dei risultati relativi ai primi anni di applicazione dell’articolo 26,
comma 3, del D.Lgs. n. 81/2008, sostituisce la redazione di un documento con la presenza di un
soggetto specificamente preposto a vigilare sul coordinamento e favorisce la costante informazione
reciproca tra il datore di lavoro committente e l’impresa appaltatrice in ordine allo stato dei luoghi e
alla interferenza tra le lavorazioni che ivi si svolgono. L’articolo 3, inoltre, rimuove l’incertezza, da
più parti rimarcata, relativa alla corretta interpretazione del limite di “due giorni” di durata dei
lavori di cui all’articolo 26, comma 3-bis, limite al di sotto del quale il datore di lavoro non è
attualmente tenuto alla redazione del documento di valutazione dei rischi da interferenza delle
lavorazioni. A tal fine si introduce la definizione di “uomini-giorno” e viene fissato il predetto
limite in 10 “uomini giorno”, calcolati in un lasso temporale di un anno dall’inizio dei lavori. In tal
modo è chiaro che solo lavori di modesta entità, sempre che essi non espongano i lavoratori a rischi
particolari (come prevede la norma), possono esonerare dalla redazione del documento in parola.
L’articolo 4 introduce, al comma 1, una semplificazione applicabile alle sole aziende che operino in
settori ritenuti (previa individuazione effettuata dal Ministero del lavoro previo parere della
Commissione consultiva per la salute e sicurezza sul lavoro) a basso rischio infortunistico. A tali
imprese, in ragione della constatata limitata pericolosità delle attività svolte, viene consentito di
redigere un documento di valutazione dei rischi semplificato, nel quale siano presenti solo alcuni
elementi di evidenza, utili anche all’attività di vigilanza. Ciò, beninteso, ferma restando la regola –
assolutamente inderogabile – che l’attività sostanziale di valutazione dei rischi deve essere efficace
e riguardare tutti i rischi presenti in azienda, quale attività prodromica alla eliminazione del rischio
o, quando ciò risulti impossibile, alla sua riduzione al minimo. Alle imprese di nuova costituzione,
sempre se operanti nell’area considerata dalla disposizione, tale regime “semplificato” di redazione
del documento si applica solo dopo il primo biennio (in modo da apprezzare se i primi mesi di
attività siano svolti in modo da concretizzare gli elementi che la norma richiede come propri
presupposti di operatività), mentre nei primi due anni esse potranno usufruire delle procedure
standardizzate per la valutazione del rischio, approvate dalla Commissione consultiva per la salute e
sicurezza sul lavoro (il relativo decreto è in fase finale di perfezionamento). E’ in ogni caso
specificato che nelle more della adozione dei provvedimenti di attuazione previsti opera l’attuale
disciplina in materia di valutazione dei rischi.
L’articolo 5 reca semplificazioni in materia di cantieri, in considerazione della particolare
complessità degli adempimenti di riferimento, dirette a limitare il tempo necessario alla redazione
dei documenti di legge in modo che essi siano al contempo più contenuti degli attuali e, comunque,
comprensivi degli elementi necessari alla prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali.
E’ previsto che i relativi provvedimenti vengano discussi in Commissione consultiva e in
Conferenza Stato-Regioni.
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L’articolo 6 introduce una serie di semplificazioni relative a comunicazioni e notifiche, alcune delle
quali (primi tre commi) riguardano la denuncia degli infortuni sul lavoro da parte del datore di
lavoro, che dall’entrata in vigore dell’obbligo di cui all’articolo 18, comma 1, lettera r), del decreto
legislativo n. 81/2008, consentono al datore di lavoro di effettuare, per via telematica, le
comunicazioni degli infortuni sui luoghi di lavoro superiori ad un giorno, all’ INAIL e, per suo
tramite, al Sistema Informativo Nazionale per la prevenzione nei luoghi di lavoro. Di fatto, con tali
modifiche si consente al datore di lavoro di considerare assolti tutti gli attuali obblighi relativi alle
notifiche degli infortuni con la comunicazione telematica appena citata. In tal modo si solleva il
datore di lavoro dall’obbligo di denuncia alle autorità locali di pubblica sicurezza e alle autorità
portuali o consolari delle denunce di infortuni sul lavoro mortali e con prognosi superiore ai trenta
giorni, ma nello stesso tempo si consente alle autorità medesime, nonché alle Direzioni provinciali
del lavoro e agli omologhi uffici della regione Sicilia e delle province autonome di Trento e di
Bolzano di avere diretto ed immediato accesso ai dati occorrenti per lo svolgimento delle attività
istituzionali di rispettiva competenza. L’accesso ai dati occorrenti verrà garantito da una specifica
applicazione informatica in continuo aggiornamento, che costituirà un utile strumento per garantire
il tempestivo adempimento dei rispettivi compiti istituzionali, nonché una più autonoma e mirata
gestione delle relative attività (verifica, vigilanza e monitoraggio), secondo le rispettive, specifiche
esigenze. Tali accessi e il relativo applicativo saranno realizzati dall’INAIL senza aggravi in termini
di costi ove si consideri che il medesimo Istituto riceverà il “flusso” dei dati di cui all’articolo 18,
comma 1, lettera r), una volta che sarà pienamente operativa l’obbligatorietà della trasmissione
della denuncia on-line da parte del datore di lavoro. Il comma 3, in particolare, dispone che la
notifica agli organi di vigilanza dei nuovi insediamenti produttivi – oggi regolamentata dall’articolo
67 del D.Lgs. n. 81/2008 – avvenga per mezzo della DIA o della SCIA evitando, in tal modo, la
duplicazione di comunicazioni in capo al medesimo soggetto (il datore di lavoro). Al fine di
garantire che i contenuti delle comunicazioni siano completi, con specifico riferimento agli elementi
che è necessario che gli organi di vigilanza conoscano in ragione della loro attività, viene previsto
che sia elaborato un modello – unico per il territorio nazionale – da utilizzare per le relative
comunicazioni e che, comunque, prima di tale elaborazione le comunicazioni di riferimento
vengano effettuate secondo l’attuale disciplina (ciò per evitare ogni problema legato alla necessaria
vigilanza sui luoghi di lavoro, anche se di nuova creazione o appena modificati). Il trasferimento
delle informazioni tra Amministrazioni verrà garantito in via informatica, senza ulteriori aggravi per
l’impresa. I commi 4, 5, 6 e 7 dell’articolo 6 prevedono che alcune comunicazioni in materia di
salute e sicurezza sul lavoro possano essere effettuate in via telematica, anche per mezzo di
organismi paritetici o organizzazioni sindacali dei datori di lavoro, all’evidente scopo di ridurre le
comunicazioni cartacee e consentire ai datori di lavoro di potersi avvalere di organismi di
rappresentanza che gli aiutino nell’adempiere agli obblighi di legge.
L’articolo 7 risponde alla esigenza di chiarire il campo di applicazione delle disposizioni di cui al
Titolo IV del D.Lgs. n. 81/2008, superando i dubbi emersi al riguardo, attraverso la
puntualizzazione che tale rigorosa disciplina non operi in relazione a scavi la cui ridotta entità non
ne giustifichi l’applicazione. Ciò fermo restando che tale principio di esclusione non potrà operare
ove i lavori riguardino le attività di cui all’allegato X del “testo unico” di salute e sicurezza sul
lavoro.
Art. 8
(Verifiche periodiche della attrezzature di lavoro)
All’articolo 71 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 così come modificato dal decreto
legislativo 3 agosto 2009, n. 106, i commi 11 e 12 sono sostituiti dal seguente:
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”11. Oltre a quanto previsto dal comma 8, il datore di lavoro sottopone le attrezzature di lavoro
riportate in allegato VII a verifiche periodiche volte a valutarne l’effettivo stato di conservazione e
di efficienza ai fini di sicurezza, con la frequenza indicata nel medesimo allegato. Il datore di lavoro
può avvalersi, indifferentemente, dell’INAIL ovvero ASL-ARPA ovvero dei soggetti pubblici
abilitati per l’effettuazione della prima e delle successive verifiche periodiche delle attrezzature di
lavoro che vi provvedono nel termine di 60 giorni dalla richiesta con le modalità di cui al comma
13. Entro cinque giorni lavorativi dalla domanda, i soggetti abilitati di cui al periodo
precedente sono tenuti, qualora non siano in grado di effettuare le verifiche richieste entro il
termine prescritto, ad autorizzare il datore di lavoro a rivolgersi ad un soggetto privato
abilitato per l’effettuazione delle verifiche medesime. Le verifiche sono onerose e le spese per la
loro effettuazione sono a carico del datore di lavoro. I soggetti privati abilitati acquistano la
qualifica di incaricati di pubblico servizio e rispondono direttamente alla struttura pubblica titolare
della funzione».
Relazione
La procedura delle verifiche periodiche delle attrezzature di lavoro di cui all’art. 71, commi 11-13
del D.Lgs n. 81/2008 è estremamente complessa e non agevola le imprese nell’adempimento di un
obbligo che è nel loro interesse assolvere e anticipare il più possibile in vista di un corretto e
tempestivo utilizzo delle attrezzature da sottoporre a verifica. Le principali criticità risiedono nei
tempi e negli oneri elevati previsti dall’attuale disciplina.
La proposta di modifica equipara enti pubblici e soggetti privati abilitati, eliminando i passaggi
inutili e dispendiosi oggi previsti e che, in ogni caso, consentono di ricorrere ai soggetti privati
abilitati ma solo alla fine del percorso.
L’equiparazione dei soggetti privati abilitati a quelli pubblici – come evidenziato anche nella
relazione di accompagnamento al Dlgs 106/2009 – risponde anche all’esigenza espressa
dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato (v. lettera al Ministero delle attività produttive
e al Ministero del lavoro del 4 ottobre 2006) e della Commissione europea (decisione 4 aprile 2006)
di evitare situazioni monopolistiche, quale quella prevista dal comma 11 dell’art. 71 del Dlgs
81/2008 a favore delle strutture pubbliche di controllo.
MISURE IN MATERIA DI LAVORO E PREVIDENZA
(sulle quali il Ministero del Lavoro si è riservato una valutazione definitiva sentiti anche il MEF e
gli enti previdenziali)
Art. 9
(Collocamento obbligatorio. Criteri di computo della quota di riserva)
1. All’articolo 4, comma 4, della legge 12 marzo 1999, n. 68, sostituire le parole: «capacità
lavorativa inferiore al 60 per cento» con le seguenti: «capacità lavorativa inferiore al 46 per cento».
Relazione
11
L’articolo 4, comma 4 della legge 12 marzo 1999, n. 68 prevede che i lavoratori divenuti inabili
in conseguenza di infortunio o malattia non possono essere computati nella quota di riserva di
assunzione obbligatoria prevista dall’articolo 3 quando abbiano subito una riduzione della
capacità lavorativa inferiore al 60%. La disposizione mira ad abbassare questo limite al 46%
allargando in questo modo la platea dei potenziali interessati.
Art. 10
(Collocamento obbligatorio. Esclusioni)
Art. 5, co. 2, d.lgs. n. 81/2008, le parole: “Fermo restando l’obbligo del versamento del contributo
di cui al comma 3 al Fondo regionale per l’occupazione dei disabili,”.
Relazione
Con la legge n. 106/2011, che ha modificato l’art. 5, co. 2, legge n. 68/1999, è stata introdotta una
ipotesi di esclusione dalla base di computo del personale esposto a rischi rilevanti, non già una
ipotesi di esonero parziale, disciplinata nel successivo co. 3 della disposizione. Il datore di lavoro,
infatti, è chiamato ad un’autocertificazione “che attesta l’esclusione dei lavoratori interessati dalla
base di computo”.
La proposta di modifica chiarisce espressamente quindi che non si tratta di una ipotesi di esonero
parziale.
Art. 11
(Pagamento dilazionato dei crediti contributivi)
1. All’art. 2 del decreto legge 9 ottobre 1989, n. 338, convertito con modificazione nella legge 7
dicembre 1989, n. 389, dopo il comma 11 è aggiunto il seguente comma:
“11-bis. L’interesse di differimento e di dilazione per le regolarizzazioni rateali dei debiti per
i contributi ed accessori di legge dovuti dai datori di lavoro agli enti gestori di forme di
previdenza e assistenza obbligatoria è pari al tasso ufficiale di riferimento, maggiorato:
a) di due punti per le regolarizzazioni rateali fino a 24 mesi;
b) di tre punti per le regolarizzazioni rateali oltre 24 mesi.
2. All’articolo 24, comma 2, del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46 il terzo e il quarto
periodo sono abrogati.
3. All’art. 32 del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46 è aggiunto in fine il seguente comma:
“5.Le disposizioni del presente articolo non si applicano ai crediti contributivi previdenziali.”
4. All’articolo 116, comma 9, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, le parole da “interessi di mora”
fino alla fine del periodo sono sostituite dalle seguenti: “interesse di differimento e di dilazione”.
Relazione
12
La proposta di cui al comma 1 ridisegna l’attuale disciplina del tasso dì differimento e di dilazione
da applicare ai debiti contributivi che attualmente è pari a quello previsto dal TUIR maggiorato di
sei punti, che è maggiore dell’interesse per ritardato pagamento di uno 0,50%.
La finalità della riforma è quella di agevolare il contribuente che richiede una dilazione e quindi la
possibilità per l’Istituto di recuperare prima le somme a credito.
I commi 2, 3 e 4 riconducono ad unitarietà la gestione della fase amministrativa dei crediti
contributivi. La proposta normativa consentirebbe di ottenere i seguenti benefici:
• incentivo ad aderire a forme di rateazione in fase amministrativa, che diventerebbe più
incisiva qualora venisse richiesto un minor numero di rate a seguito della riduzione degli
interessi di dilazione;
• incremento di incassi per l’Istituto;
• minor pagamento a titolo di aggio.
La proposta inoltre consentirebbe di anticipare di circa 24 mesi l’incasso di 100 milioni di euro per
anno.
Art. 12
(Prosecuzione volontaria)
1. All’articolo 6, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 184, è aggiunto in fine il
seguente periodo:
“Il divieto di prosecuzione volontaria non si applica ai lavoratori iscritti alla gestione separata di
cui all’art. 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335”.
2. All’articolo 1 della legge 11 febbraio 1983, n. 47, sono aggiunti i seguenti commi:
“2. Gli Istituti previdenziali autorizzano il datore di lavoro a provvedere al versamento degli
importi corrispondenti alla contribuzione volontaria fino ad un periodo massimo complessivo di sei
anni, previa intesa tra datore di lavoro e singolo lavoratore all’atto della cessazione del rapporto
di lavoro. A tal fine il lavoratore interessato deve presentare apposita domanda agli Istituti
previdenziali con allegata una dichiarazione autenticata del datore di lavoro circa l’assunzione da
parte di quest’ultimo degli obblighi contributivi di cui sopra. Le somme versate dal datore di lavoro
agli Istituti previdenziali ai sensi della presente disposizione non concorrono alla formazione del
reddito del lavoratore e sono deducibili ai sensi dell’art. 62 del TUIR, approvato con DPR 22
dicembre 1986, n. 917 .
3. La disposizione di cui al comma 2 si applica anche nelle ipotesi di ricongiunzione e di riscatto dei
periodi assicurativi.”
Relazione
La proposta di cui al comma 1 consente all’iscritto alla gestione INPS dei cosiddetti
“parasubordinati” la prosecuzione volontaria presso le altre forme obbligatorie di previdenza e
quindi la maturazione del diritto alla pensione presso le stesse, attualmente preclusa espressamente
dalla legge.
Il superamento del divieto produce evidenti effetti positivi non solo per i lavoratori interessati, che
potranno così ottenere una pensione, ma anche per gli Enti previdenziali presso cui si opera la
prosecuzione, che riceveranno un maggior gettito contributivo.
13
La proposta di cui al comma 2 consente ai datori di lavoro interessati di assumersi l’obbligo del
pagamento della contribuzione pensionistica per la prosecuzione volontaria (D.Lgs. n. 184/1997)
relativamente ai lavoratori che presentino specifica domanda ai competenti enti previdenziali. Tale
surroga potrebbe riguardare tutto il periodo richiesto ed autorizzato ovvero una parte di esso. A tal
fine va allegata all’istanza da inoltrare all’istituto previdenziale specifica attestazione dell’azienda
interessata, nella quale viene attestato l’impegno della stessa al pagamento della contribuzione per il
periodo stabilito. Per i periodi non considerati nell’accordo resta titolare dell’obbligazione il
lavoratore interessato.
La norma non comporta oneri aggiuntivi a carico dello Stato, garantisce ai lavoratori una elevata
tutela di ordine previdenziale e consente alle imprese, pur facendosi carico di oneri di un
apprezzabile peso, una maggiore agibilità nella gestione del personale.
Art. 13
(Armonizzazione base di calcolo delle prestazioni non pensionistiche INPS)
1. A decorrere dal periodo di paga successivo all’entrata in vigore della presente legge la base di
calcolo per la liquidazione di tutte le prestazioni a sostegno e/o integrazione del reddito erogate
dall’INPS ai lavoratori subordinati è determinata sulla base della dalla normale retribuzione globale,
che sarebbe spettata al lavoratore, in caso di prestazione lavorativa, nel mese in cui si colloca
l’evento indennizzabile, comprendendo anche i ratei delle mensilità che maturano e vengono
erogate con periodicità non mensile.
2. Nell’ipotesi di prestazioni dovute dopo la cessazione del rapporto di lavoro, la retribuzione di
riferimento calcolata come al comma precedente è quella riferita al mese di risoluzione del rapporto
di lavoro.
Relazione
Attualmente le prestazioni non pensionistiche sono calcolate in modo non omogeneo e anche
riferite periodi temporali diversi, ad esempio:
• l’indennità ordinaria di disoccupazione viene calcolata sulla media teorica degli ultimi tre
mesi di retribuzione precedenti la cessazione del rapporto di lavoro;
• l’indennità di malattia è calcolata sulla base della retribuzione media globale giornaliera,
diversamente determinata a seconda della qualifica dei lavoratori;
• l’indennità di maternità si determina prendendo a riferimento la retribuzione media globale
giornaliera, diversamente determinata a seconda della qualifica delle lavoratrici;
• l’indennità di mobilità viene calcolata con riferimento al trattamento straordinario di
integrazione salariale percepito dal lavoratore interessato, ovvero che sarebbe spettato allo
stesso, nel periodo immediatamente precedente la risoluzione del rapporto di lavoro.
Occorre altresì considerare che gran parte delle prestazioni (vedi CIG, CIGS, mobilità,
Disoccupazione) sono comunque plafonate su retribuzioni convenzionali, inferiori alle retribuzioni
effettive.
L’obiettivo della proposta è di uniformare il conteggio delle retribuzioni per il calcolo delle
prestazioni non pensionistiche ad un unico parametro. Tale parametro è individuato nella
retribuzione che il lavoratore avrebbe normalmente percepito.
14
Detto parametro è stato introdotto nell’art.40 della legge n.183/20110(cosiddetto collegato lavoro),
ma limitatamente ai soli eventi verificatisi nel corso del rapporto di lavoro.
I vantaggi dell’armonizzazione completa delle basi di calcolo delle prestazioni non pensionistiche
sono i seguenti:
– le aziende avrebbero una notevole semplificazione nell’elaborazione del LUL e nella
compilazione dell’eventuale modulistica da trasmettere agli Enti preposti;
– l’INPS sarebbe in grado di erogare in tempo reale le prestazioni, poiché già a conoscenza dei
dati contemplati dalla proposta, in quanto inseriti mensilmente nelle denunce delle
retribuzioni. In questo modo l’Istituto abbatterebbe gli oneri per interessi legali grazie alla
forte contrazione dei tempi di liquidazione. Inoltre, la liquidazione della prestazione
avverrebbe su dati “certificati” e consolidati.
Art. 14
(Regime previdenziale per i lavori all’estero)
Nell’art. 12 della Legge 30 aprile 1969 n. 153, come sostituito dall’art. 6 del decreto legislativo 2
settembre 1997, n. 314, dopo il comma 8, è inserito il seguente comma:
«8 bis). I contributi di previdenza ed assistenza sociale dovuti per i lavoratori italiani operanti in
Paesi dell’Unione Europea ovvero con i quali vigono convenzioni o accordi o norme internazionali
che prevedono il mantenimento del regime previdenziale italiano, continuano ad essere calcolati
sulle retribuzioni convenzionali definite annualmente con il decreto interministeriale di cui all’art. 4,
comma 1, del decreto- legge 31 luglio 1987, n. 317, convertito, con modificazioni, dalla legge 3
ottobre 1987, n. 398, nelle ipotesi in cui rimangano iscritti alle assicurazioni sociali italiane».
Relazione
La norma vuole rendere semplice ed equo l’adempimento degli obblighi contributivi per i lavoratori
operanti all’estero.
L’applicazione di valori convenzionali infatti dà chiarezza e certezza ai lavoratori ed alle aziende e
garantisce il conseguimento di una pensione italiana come se l’espatrio non fosse avvenuto.
Tale criterio inoltre evita di far conseguire, a parità di livello retributivo reale, un maggior
trattamento pensionistico italiano a coloro che operano in Paesi con più elevato costo della vita e
più forte valuta ed assicura un identico trattamento previdenziale a prescindere dal Paese estero in
cui si opera.
Va infine evidenziato che il sistema dell’imponibile convenzionale non penalizza i lavoratori
rispetto alla retribuzione italiana di partenza , in quanto quella convenzionale è di norma
equivalente alla retribuzione nazionale effettiva.
Inoltre, sotto il profilo giuridico – sistematico, lo schema di norma proposto, aggiungendo un nuovo
comma all’art. 12 della legge n. 153/1969, nel testo sostituito dall’art. 6 del decreto legislativo n.
314/1997, concernente la determinazione del reddito di lavoro dipendente ai fini contributivi,
inserisce nella sede più opportuna il criterio convenzionale di individuazione dell’imponibile
previdenziale già previsto dall’art. 48, comma 8-bis), del TUIR approvato con DPR n. 917/1986.
La norma non ha alcun onere per lo Stato, avendo semplicemente effetti di semplificazione.
15
Art. 15
(Semplificazioni in materia di comunicazioni)
1. I commi 2 e 2 bis dell’articolo 9 bis del decreto legge 1 ottobre 1996, n. 510, convertito con
modificazioni, nella legge 28 novembre 1996, n. 608, e successive modifiche e integrazioni, sono
sostituiti dai seguenti:
“2. In caso di instaurazione del rapporto di lavoro subordinato e di lavoro autonomo in forma
coordinata e continuativa, anche nella modalità a progetto, di socio lavoratore di cooperativa e di
associato in partecipazione con apporto lavorativo, i datori di lavoro privati, ivi compresi quelli
agricoli e le agenzie di somministrazione, gli enti pubblici economici e le pubbliche
amministrazioni, sono tenuti a darne comunicazione al Servizio competente nel cui ambito
territoriale è ubicata la sede di lavoro, entro il giorno precedente all’inizio della prestazione
lavorativa, mediante comunicazione avente data certa, effettuabile anche a mezzo sms, fax o posta
elettronica certificata.
3. La comunicazione di cui al comma 2 deve indicare il codice fiscale del datore di lavoro, il codice
fiscale del lavoratore, la data di assunzione e la data, anche presunta, di cessazione del rapporto di
lavoro. Gli ulteriori elementi che il datore di lavoro è tenuto a comunicare ai servizi per l’impiego e
agli istituti previdenziali e assistenziali, ivi comprese le comunicazioni di cessazione,
trasformazione e proroga dei rapporti di lavoro sono trasmessi mediante la denuncia mensile di cui
all’articolo 44, comma 9, del decreto legge 30 settembre 2003, n. 269 convertito, con modificazioni,
nella legge 24 novembre 2003, n. 326.
4. Con decreto di natura non regolamentare del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di
concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, sono determinate le
modalità applicative della disposizione di cui al precedente comma e le conseguenti modifiche al
decreto ministeriale 30 ottobre 2007, nonché ulteriori modalità di comunicazione in funzione dello
sviluppo delle tecnologie, e sono definite le modalità con le quali gli enti e le amministrazioni
interessate acquisiscono e condividono le informazioni comunicate dai datori di lavoro ai sensi dei
commi precedenti.”
2. All’articolo 10, comma 3 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n.368, come modificato
dall’articolo 18, comma 2, del decreto legge 9 febbraio 2012, n.5 convertito, con modificazioni,
dalla legge 4 aprile 2012, n.35, il secondo periodo è soppresso.
Relazione
La norma si propone di semplificare gli adempimenti a carico dei datori di lavoro, ottimizzando la
trasmissione di informazioni connesse ai rapporti di lavoro, senza peraltro ridurre la qualità e la
quantità delle informazioni che vengono poste a disposizione delle diverse amministrazioni.
In particolare, viene previsto che:
– il datore di lavoro, prima dell’inizio della prestazione lavorativa, comunichi al centro per l’impiego
il codice fiscale e la data di assunzione del lavoratore; per tal via, si garantisce agli organi di
vigilanza la disponibilità degli strumenti necessari per accertare in tempo reale la legittimità della
presenza del lavoratore sul luogo di lavoro;
– le ulteriori informazioni necessarie alle diverse amministrazioni vengano comunicate all’INPS con
cadenza mensile, per poi confluire in un archivio al quale avranno accesso tutti gli enti interessati,
sottraendo il datore di lavoro all’onere di comunicare le medesime informazioni più volte ed ad un
pluralità di amministrazioni.
16
PROPOSTE IN MATERIA DI DURC
Art …
È atteso il testo del Ministero del Lavoro a seguito delle proposte della Regione Lombardia e
dell’INAIL
MISURE IN MATERIA DI INFRASTRUTTURE, BENI CULTURALI E EDILIZIA
Art. 16
(Eliminazione del silenzio rifiuto sul permesso di costruire in caso di vincoli)
1. All’articolo 20 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, recante
testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, sono apportate le
seguenti modificazioni:
a) i commi 8 e 9 sono sostituiti dai seguenti:
“8. Decorso inutilmente il termine per l’adozione del provvedimento conclusivo, ove il
dirigente o il responsabile dell’ufficio non abbia opposto motivato diniego, sulla domanda
di permesso di costruire si intende formato il silenzio-assenso, fatti salvi i casi in cui
sussistano vincoli ambientali, paesaggistici o culturali, nei quali si applicano le
disposizioni di cui al comma 9, e il procedimento è concluso con l’adozione di un
provvedimento espresso. In tali casi si applica quanto previsto dall’articolo 2 della legge 7
agosto 1990, n. 241;
9. Qualora l’immobile oggetto dell’intervento sia sottoposto a vincoli ambientali,
paesaggistici o culturali, il termine di cui al comma 6 decorre dal rilascio del relativo atto
di assenso. Ove tale atto non sia favorevole, decorso il termine per l’adozione del
provvedimento finale, il procedimento è comunque concluso con l’adozione di un
provvedimento espresso e si applica quanto previsto dall’articolo 2 della legge 7 agosto
1990, n. 241.”.
b) il comma 10 è soppresso.
Relazione
Le modifiche proposte all’articolo 20, commi 8, 9 e 10, del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 e
successive modificazioni, recante il Testo Unico dell’edilizia, hanno lo scopo di chiarire,
anzitutto, le conseguenze dell’inerzia del Comune nell’adozione del provvedimento
conclusivo del procedimento di rilascio del permesso di costruire, in caso di esistenza di un
vincolo ambientale, paesaggistico o culturale e di diniego del relativo atto ampliativo.
Il testo attualmente vigente prevede, al riguardo, la formazione del “silenzio-rifiuto”. La
novella si prefigge di esplicitare, mediante il rinvio all’articolo 2 della legge 7 agosto 1990,
n. 241 e successive modificazioni, che si tratta di silenzio non significativo, ossia non avente
valore di provvedimento di diniego. Rimane, pertanto, ferma – anche a seguito dell’esito
negativo del procedimento di rilascio del titolo abilitativo reso necessario dalla presenza di
un vincolo – la necessità che l’Amministrazione concluda il procedimento di rilascio del
permesso di costruire con un provvedimento espresso.
17
Si è inoltre ritenuto opportuno, allo scopo di evitare inutili aggravi procedimentali e al fine di
avere una più semplice formulazione del testo, superare l’attuale distinzione tra l’ipotesi in
cui l’immobile oggetto dell’intervento sia sottoposto ad un vincolo la cui tutela compete,
anche in via di delega, alla stessa amministrazione comunale e il caso in cui invece la tutela
del vincolo non competa alla predetta amministrazione. Il testo attualmente vigente, infatti,
obbliga il Comune, nel secondo caso, ad indire necessariamente la conferenza di servizi. Tale
previsione, però, rischia di aggravare – in luogo di alleggerirlo – l’iter procedimentale, se
non altro tutte le volte in cui sussista un solo vincolo e, quindi, la conferenza si risolva nella
convocazione di un tavolo cui partecipa una sola amministrazione, oltre a quella procedente.
E’ parso, pertanto, corretto abrogare il comma 10 e ricondurre la disciplina di tutte le ipotesi
di presenza di vincoli al comma 9.
E’ appena il caso di aggiungere che ciò non preclude al Comune, ove ne ravvisi l’opportunità
(ad esempio ove coesistano più vincoli sul medesimo immobile) la facoltà di convocare una
conferenza di servizi, in ossequio alle disposizioni di carattere generale di cui agli articoli 14
e seguenti della legge n. 241 del 1990.
Art. 17
(Modifiche all’articolo 146)
1. All’articolo 146 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, recante il codice dei beni
culturali e del paesaggio, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 5, secondo periodo, sono soppresse le parole : “e, ove non sia reso entro il termine
di novanta giorni dalla ricezione degli atti, si considera favorevole”. Al medesimo periodo, dopo le
parole “non vincolante”, sono aggiunte le seguenti: “ed è reso nel rispetto delle previsioni e
prescrizioni del piano paesaggistico, entro il termine di quaranta giorni dalla ricezione degli atti,
decorsi i quali l’amministrazione competente provvede sulla domanda di autorizzazione”.;
b) al comma 9, primo periodo, sono soppresse le parole da: “l’amministrazione competente”
fino a “parere scritto,”. Al medesimo comma, il secondo periodo è soppresso. Al medesimo
comma, terzo periodo, sono soppresse le parole: “In ogni caso, decorsi sessanta giorni dalla
ricezione degli atti da parte del soprintendente,”.
Relazione
L’articolo 146, comma 5, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 attualmente prevede che, in
caso di avvenuto adeguamento degli strumenti urbanistici alle prescrizioni dei piani paesaggistici, il
parere del soprintendente assume natura obbligatoria non vincolante e si considera favorevole ove
non sia stato reso entro il termine di novanta giorni dalla ricezione degli atti. Inoltre, il comma 9 del
medesimo articolo prevede che, in caso di mancata pronuncia da parte della Soprintendenza entro il
termine di quarantacinque giorni dalla ricezione degli atti, l’amministrazione competente può indire
una conferenza di servizi che si pronuncia entro quindici giorni.
La proposta sostituisce tali disposizioni e restituisce all’amministrazione competente il potere di
provvedere sulla domanda di autorizzazione decorsi inutilmente i termini indicati per l’espressione
del parere del soprintendente.
Art. 18
18
(Modifiche ai pesi percentuali delle categorie di opere generali e specializzate)
(Modifiche all’articolo 79 del decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207 –
“Regolamento di esecuzione ed attuazione del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, Codice dei
contratti pubblici”)
1. All’articolo 79, comma 16, dopo l’alinea, sostituire come segue le percentuali ivi indicate:
– categoria OS 3: 20%;
– categoria OS 28: 40%;
– categoria OS 30: 40%.
Relazione
Il “Regolamento di esecuzione ed attuazione del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, Codice
dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture” modifica le categorie di Opere Generali e
Specializzate (OG e OS).
Nel caso delle OG, la qualificazione si ottiene dimostrando capacità di eseguire in proprio o con
qualsiasi altro mezzo l’attività di costruzione, ristrutturazione e manutenzione di opere o interventi
per la cui realizzazione complessiva siano necessarie una pluralità di specifiche lavorazioni. La
qualificazione presuppone effettiva capacità operativa ed organizzativa dei fattori produttivi,
specifica competenza nel coordinamento tecnico delle attività lavorative, nella gestione economicofinanziaria
e nella conoscenza di tutte le regole tecniche e amministrative che disciplinano
l’esecuzione di lavori pubblici. Per le OS la qualificazione è conseguita dimostrando la capacità di
eseguire in proprio specifiche lavorazioni che costituiscono generalmente parte del ciclo produttivo
e che necessitano di una particolare specializzazione e professionalità. La qualificazione presuppone
quindi il possesso di tutte le specifiche abilitazioni tecniche ed amministrative previste dalle vigenti
norme legislative e regolamentari.
Ai sensi dell’articolo 79, comma 16 del Regolamento, infatti, si prevede che «per la qualificazione
nella categoria OG 11, l’impresa deve dimostrare di possedere, per ciascuna delle categorie di opere
specializzate individuate con l’acronimo OS 3, OS 28 e OS 30, almeno la percentuale di seguito
indicata dei requisiti di ordine speciale previsti dal presente articolo per l’importo corrispondente
alla classifica richiesta:
categoria OS 3: 40 per cento;
categoria OS 28: 70 per cento;
categoria OS 30: 70 per cento;»
In vigenza del Decreto del Presidente della Repubblica n. 34 del 2000, che ha istituito il sistema di
qualificazione per gli esecutori di lavori pubblici, la categoria OG11 poteva essere assunta mediante
la produzione di certificati lavori riportanti attività riconducibili al macro settore elettrico (OS30,
OS5) unitamente ad attività riconducibili al macro settore termico (OS28, OS3).
La norma non prevedeva «pesi» percentuali specifici per ciascuna categoria e per tale ragione è
intervenuta l’Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici di lavori, servizi e fornitura che con
una specifica determinazione ha specificato taluni elementi, cui le SOA dovevano attenersi per il
rilascio della relativa attestazione.
In occasione della definizione del nuovo Regolamento di cui al D.P.R. n. 207/2010, il competente
Ministero ha ritenuto di definire, a livello normativo, la vicenda relativa al principio di assorbenza
(la categoria generale è in effetti la sommatoria di categorie speciali e pertanto sussiste la
presunzione che un soggetto qualificato in OG11 sia in grado di svolgere mediamente tutte le
lavorazioni speciali contenute in questa categoria generale), introducendolo e incrementando i
requisiti per l’ottenimento della categoria OG11 in rapporto al 180 per cento rispetto ad un importo
aggiudicabile pari a 100, e contestualmente riducendo a 3 le categorie specialistiche all’interno della
19
OG11 (OS3, OS28, OS30). Ciò in considerazione del fatto che un’azienda attestata in OG11, ad
esempio classifica III, può partecipare anche in OS28, OS30 e OS3 a gare con classifica III.
Il dispositivo introdotto dall’articolo 79 del Decreto, quindi, inasprisce le condizioni di accesso al
mercato da parte delle piccole e medie imprese: ricordiamo che il suddetto parametro del 180 per
cento rappresenta un criterio unico in Europa, che potrebbe determinare, nella migliore delle ipotesi
un ridimensionamento, in termini di importo di classifica, delle attuali attestazioni in OG11; ovvero,
la cancellazione di numerosissime piccole e medie imprese dal settore a causa della perdita totale
della medesima categoria.
È utile ricordare che da recenti studi del CRESME e delle associazioni di categoria, il comparto
danneggiato dall’applicazione dell’articolo 79 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 207
del 2010, riguarda circa 200.000 imprese con una massa occupazionale di oltre 700.000 addetti, e
che per effetto della cancellazione delle imprese per la perdita d’attestazione, si produrrà ulteriore
disoccupazione.
La soluzione per risolvere questo grave problema di qualificazione nella categoria OG11, collegato
ad un parametro quasi doppio rispetto a tutte le altre categorie, sembra essere il contestuale
abbattimento delle percentuali richieste per la qualificazione sino a ricondurle al 100 per cento
dell’importo richiesto (40 per cento per OS28 e OS30 e 20 per cento per OS3), e l’allineamento
delle percentuali di possibile assorbenza della categoria OG11 rispetto alle tre specialistiche.
In questa ipotesi, le imprese interessate manterrebbero le attuali attestazioni possedute, ed avrebbero
facoltà di partecipare alle gare di appalto per la loro potenzialità complessiva in OG11, oppure di
partecipare alle gare di appalto indette nelle categorie specialistiche (principio di assorbenza), nei
limiti delle percentuali relativamente corrispondenti, vale a dire il 40 per cento per OS28, il 40 per
cento per OS30 e il 20 per cento per OS3 (40 per cento + 40 per cento + 20 per cento = 100 per
cento).
Art. 19
(Modifiche al Decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163)
All’art. 34 del D. lgs.12 aprile 2006, n. 163 sono apportate le seguenti modifiche:
a) Al comma 1, dopo la lett. e) aggiungere la seguente:
“e-bis ) le aggregazioni tra le imprese aderenti al contratto di rete ai sensi del comma 4-ter,
dell’articolo 3, del decreto legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito con modificazioni dalla legge 9
aprile 2009, n. 33, e successive modificazioni”; si applicano al riguardo le disposizioni dell’articolo
37;
b) All’art. 37 del D. lgs.12 aprile 2006, n. 163, dopo il comma 15, sono inseriti i seguenti:
15-bis “Le disposizioni di cui al presente articolo trovano applicazione, in quanto compatibili, alla
partecipazione alle procedure di affidamento delle aggregazioni tra le imprese aderenti al contratto
di rete, di cui all’articolo 34, comma 1, lett. e-bis).”
15 – ter “Nel caso di aggregazione tra le imprese aderenti al contratto di rete il mandato deve
risultare da scrittura privata autenticata oppure digitalmente firmata ai sensi dell’art. 24 del Dlgs. 7
marzo 2005 n. 82 dagli operatori economici riuniti in aggregazione o dai loro legali rappresentanti.
La scrittura privata è consegnata per posta elettronica certificata alla stazione appaltante, unitamente
alla copia autentica del contratto di rete. La procura è conferita al legale rappresentante
dell’operatore economico mandatario. Il mandato è gratuito e irrevocabile e la sua revoca per giusta
causa non ha effetto nei confronti della stazione appaltante”.
20
15-quater “ Nel caso di aggregazione tra le imprese aderenti al contratto di rete, è consentita la
presentazione delle offerte da parte dell’organo comune di rappresentanza, costituito ai sensi del
comma 4-ter, dell’articolo 3, del decreto legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito con modificazioni
dalla legge 9 aprile 2009, n. 33, e successive modificazioni, qualora detto potere sia stato previsto
nell’ambito del contratto di rete e conferito a favore di una delle imprese parte del contratto. In tal
caso l’offerta deve essere sottoscritta da tutte le imprese aggregate che partecipano alla procedura di
affidamento.
21
Relazione
La promozione di politiche volte all’aggregazione tra imprese, anche attraverso il sostegno ai
distretti ed alle reti di impresa, è contemplata come principio generale che concorre a definire lo
statuto delle imprese e dell’imprenditore dall’art. 2, lett. n) della legge 11 novembre 2011, n. 180
(“Norme per la tutela della libertà d’impresa. Statuto delle imprese”).
Tale disposizione, pur auspicando l’accesso delle reti di impresa alle procedure di gara, non
chiariscono le modalità attraverso le quali possa concretamente realizzarsi tale partecipazione, alla
luce delle regole dettate Codice dei contratti. Quest’ultimo, all’articolo 34, indica in modo non
tassativo i soggetti ammessi a partecipare alle gare e, con specifico riguardo ai concorrenti
plurisoggettivi, permette il ricorso a talune forme di aggregazione che presentano peculiarità e
regole proprie, delineate principalmente in funzione del grado di strutturazione assunto dalla
collaborazione imprenditoriale.
Il contratto di rete, tuttavia, non appare in toto riconducibile ad alcuno di tali istituti.
Più nel dettaglio, rispetto ai consorzi stabili (art. 34, comma 1 lett. c) ed ai i consorzi fra società
cooperative di produzione e lavoro (art. 34, comma 1 lett. b) – dotati di capacità giuridica propria ed
autonomia, anche patrimoniale, perfetta – il contratto di rete non dà vita ad un ente munito di
soggettività autonoma. Per il consorzio, è poi prevista la necessaria costituzione di un fondo
consortile, mentre, nel caso della rete di imprese, il fondo patrimoniale costituisce un elemento
soltanto eventuale del contratto. Inoltre, nell’ambito della rete, la nomina di un organo comune di
rappresentanza è prevista in via facoltativa, laddove il consorzio stabile agisce in nome proprio.
Quanto ai raggruppamenti temporanei (art. 34, comma 1, lett. d) ed ai consorzi ordinari di
concorrenti (art. 34, comma 1, lett. e), essi sono accumunati al contratto di rete dal fatto che i
partecipanti conservano la propria soggettività giuridica.
Tuttavia, anche in tal caso, sussistono rilevanti differenze riconducibili, in via principale, al fatto
che mediante la rete viene instaurato un rapporto di collaborazione duraturo e continuativo, non
limitato ad una specifica gara, ma, al contrario, finalizzato al perseguimento di un programma di
sviluppo di ampia portata.
L’individuazione del meccanismo di partecipazione deve quindi tener conto delle peculiari
caratteristiche del contratto di rete che non è finalizzato alla creazione di un soggetto giuridico
distinto dai sottoscrittori, ma alla collaborazione organizzata di diversi operatori economici. Ciò
comporta che le parti contraenti devono pattiziamente regolare la partecipazione congiunta alle
procedure di gara nell’oggetto del contratto di rete.
Il mandato, in fase di partecipazione, al fine di non gravare di oneri eccessivi le imprese che hanno
già sottoscritto il contratto di rete, potrebbe essere sostituito dall’impegno scritto al conferimento
dello stesso a valle dell’aggiudicazione o avere, alternativamente, la forma della scrittura privata
autenticata ovvero dell’atto sottoscritto digitalmente a norma dei citati articoli del d.lgs. 7 marzo
2005 n. 82.
Fermo restando il possesso dei requisiti generali di cui all’art. 38 del Codice da parte di tutte le
imprese parte della rete che partecipano alla procedura di gara, l’articolazione dei requisiti di
partecipazione, le responsabilità, il recesso, ecc. potrebbero essere disciplinati in analogia con
quanto stabilito dall’art. 37 per i raggruppamenti temporanei con un rinvio a tale disciplina.
22
Art. 20
(Disposizioni in materia di distanze)
(alla valutazione del MIT)
All’art. 9 del D.M. 2 aprile 1968 n. 1444, dopo il comma 1, numero 2), aggiungere il seguente:
“2-bis) Zone B): limitatamente ai territori interessati da eventi sismici e da calamità naturali, per gli
interventi di ristrutturazione edilizia previsti dall’articolo 3 c.1 lettera d) del D.P.R. 6 giugno 2001
n. 380, anche con sopraelevazioni e aumenti di volume è prescritto il rispetto delle distanze vigenti
all’epoca della costruzione originaria, salvo deroga, ai sensi dell’ultimo comma, nel caso di gruppi
di edifici che formino oggetto di piani particolareggiati qualora rientrino in piani di recupero e
riconversione urbana.”
Relazione
Il D.M. n. 1444 del 1968 detta la disciplina relativa ai limiti inderogabili di densità edilizia, di
altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi tra gli spazi destinati agli insediamenti
residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a
parcheggi, da osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di
quelli esistenti. All’art. 9 c. 1 numero 2) per i nuovi edifici ricadenti in altre zone è prescritta la
distanza minima assoluta di m 10 tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti.
A tale distanza minima di dieci metri tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti è prevista una
deroga in caso di esistenza di strumenti urbanistici anteriori al D.M. 2 aprile 1968 n. 1444
contenenti norme sulle distanze.
Tali obblighi comportano un aggravio di spesa, che incentiva la cementificazione di nuove aree
urbane a scapito del ripristino degli edifici esistenti e causa allo stesso tempo minore funzionalità
per i nuovi edifici, in quanto la volumetria, che risulterebbe ridotta.
In questo modo al fine di migliorare l’assetto urbanistico delle città, e di intervenire su costruzioni
già esistenti per rendere i fabbricati antisismici, antiacustici e non energivori, nelle zone totalmente
o parzialmente edificate diverse dal centro storico, gli interventi di ristrutturazione edilizia vanno
effettuati nel rispetto della normativa sulle distanze vigente al momento della costruzione originaria
dell’edificio.
Nella nozione di interventi di ristrutturazione edilizia, ai sensi dell’art. 3 c. 1 lettera d) del D.P.R. 6
giugno 2001 n. 380, rientrano gli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un
insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso
dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi
costitutivi dell’edificio, l’eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi ed impianti,
nonché la demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma di quello preesistente, che
comportino anche sopraelevazioni.
Con la proposta emendativa si intende estendere agli interventi di ristrutturazione effettuati nei
territori interessati da eventi sismici e da calamità naturali, che comportino sopraelevazioni e
aumenti di volume, il rispetto delle distanze vigenti all’epoca della costruzione originaria, salvo
deroga, ai sensi dell’ultimo comma, nel caso di gruppi di edifici che formino oggetto di piani
particolareggiati qualora rientrino in piani di recupero e riconversione urbana.
23
MISURE IN MATERIA DI PRIVACY
Art. 21
(Misure minime di sicurezza)
1. All’art. 36 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, sono apportate le seguenti
modificazioni:
a) le parole “per le innovazioni e le tecnologie e il Ministro per la semplificazione normativa” sono
sostituite dalle seguenti: “per la pubblica amministrazione e la semplificazione, sentiti il Garante
e le associazioni maggiormente rappresentative a livello nazionale delle categorie economiche
coinvolte,”;
b) dopo le parole “in relazione all’evoluzione tecnica e all’esperienza maturata nel settore”
aggiungere le seguenti “, anche individuando modalità semplificate di adozione delle misure
minime in caso di trattamenti effettuati in particolare presso piccole e medie imprese, liberi
professionisti e artigiani”.
Relazione
Il Codice privacy assegna la competenza a modificare le modalità tecniche di applicazione delle
misure minime di sicurezza al Ministro della Giustizia, di concerto con i Ministri per le innovazioni
e tecnologie e per la semplificazione normativa. L’art. 36 del D.Lgs. n. 196/2003, infatti, stabilisce
che l’adeguamento delle misure minime di sicurezza previste dal Disciplinare tecnico di cui
all’Allegato B) deve avvenire con apposito decreto interministeriale, in considerazione
dell’evoluzione tecnica e della prassi applicativa.
A seguito dell’abrogazione dell’art. 34, co. 1-bis, del Codice privacy, che affidava al Garante per la
protezione dei dati personali il compito di individuare modalità semplificate in ordine
all’applicazione delle misure di sicurezza, in particolare a beneficio di PMI, liberi professionisti e
artigiani, e in ragione dell’esigenza di continuare ad assicurare a questi sogge
i modalità semplificate e proporzionate di attuazione della normativa privacy, si rende opportuno
aggiornare la norma che affida ai Ministeri competenti tale potere.
La proposta mira ad integrare l’art. 36 del Codice privacy, che affida ad un apposito decreto
interministeriale il compito di adeguare il Disciplinare tecnico di cui all’Allegato B) al Codice,
introducendo la possibilità di definire, con il medesimo decreto, modalità semplificate di adozione
delle misure minime a favore, in particolare, di piccole e medie imprese, professionisti e artigiani,
sentito il Garante per la protezione dei dati personali e le associazioni maggiormente
rappresentative di tali soggetti.
Art. 22
(Semplificazioni in materia di privacy)
All’art. 5 del d.lgs. n. 196/2003, dopo il comma 3, aggiungere il seguente comma:
“3-bis. Il trattamento dei dati personali riguardanti l’attività delle imprese commerciali o agricole,
esercitate anche in forma individuale, non è soggetto all’applicazione del presente codice. Sono
24
fatte salve le disposizioni di cui alla Parte II, Titolo X del presente codice relativamente al
trattamento di dati riguardanti contraenti ed utenti di servizi di comunicazioni elettroniche.”
Relazione
Con il presente emendamento si intende completare il processo di semplificazione finalizzato a
riallineare la normativa italiana alla disciplina comunitaria e ad evitare l’introduzione di oneri non
previsti a livello europeo nei confronti delle attività imprenditoriali, già avviato con le recenti
modifiche al d.lgs. n. 196/2003, recante il “Codice in materia di protezione dei dati personali”,
introdotte dall’art. 40, comma 2, del c.d. Decreto “Salva Italia” (Decreto Legge n. 201/2011,
“Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici” convertito, con
modificazioni, nella Legge n. 214/2011).
In particolare, l’emendamento è volto ad estendere al concetto più ampio di impresa, anche ove
esercitata in forma individuale (cioè da una persona fisica), l’esclusione dal campo di applicazione
del Codice già prevista per il trattamento di informazioni relative alle persone giuridiche e, quindi,
sostanzialmente alle società (ossia ad imprese gestite in forma societaria).
Infatti, l’intervenuta eliminazione dei riferimenti a persone giuridiche nelle nozioni di “dato
personale” e di “interessato” non ha permesso comunque al mondo delle imprese italiane di
beneficiare appieno delle semplificazioni e degli sgravi di oneri e costi nei rapporti B2B (Business
to Business), anche per finalità amministrativo-contabili, in quanto tutti gli operatori economici
hanno comunque dovuto mantenere fermi tutti i gravosi adempimenti previsti dalla suddetta
normativa per quella parte di clienti, fornitori, partner, agenti, consulenti, ecc. che sono appunto
ditte individuali, piccoli imprenditori o professionisti, rendendo possibile nell’ambito dei sistemi
informativi aziendali la realizzazione di procedure diversificate e più leggere solo per le società
(conseguentemente, la maggior parte degli operatori ha ritenuto di mantenere inalterato lo status
quo ante, evitando la complessa gestione di un doppio binario di mappature organizzative e
conseguenti adempimenti).
Nell’emendamento proposto viene inoltre espressamente fatta salva la speciale disciplina nazionale
(Capo II, Tit. X, Codice) e comunitaria (direttiva 58/2002/CE) posta a tutela degli interessi giuridici
di persone giuridiche ed imprese contraenti di servizi di comunicazioni elettronica.
AMBIENTE
Art. 23
(Pubblicazione provvedimenti di VIA)
1. All’articolo 27 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 sono apportate le seguenti
modificazioni:
a) il comma 1 è soppresso;
b) dopo il comma 2 è aggiunto il seguente comma “2-bis. Dalla data di pubblicazione nel sito
web dell’autorità competente effettuata ai sensi del comma 2 decorrono i termini per eventuali
impugnazioni in sede giurisdizionale da parte di soggetti interessati”.
25
Relazione
L’articolo 27, comma 1, del codice ambientale prevede la pubblicazione in estratto, a cura del
proponente, del provvedimento di valutazione di impatto ambientale sulla Gazzetta Ufficiale per i
progetti di competenza statale, ovvero sul bollettino ufficiale della regione per i progetti di
rispettiva competenza. Il comma successivo prevede la pubblicazione del provvedimento
medesimo, per intero, sul sito web dell’autorità competente.
La proposta intende, attraverso l’abrogazione del comma 1, eliminare l’obbligo di pubblicazione
sulla gazzetta ufficiale (o sul B.u.r.): tale obbligo risulta infatti eccessivamente oneroso in quanto
può determinare un ingiustificato allungamento dei tempi. Si ritiene, inoltre, che la finalità di
informazione del pubblico perseguita dalla norma possa essere garantita dalla pubblicazione sui siti
informatici, già prevista dal comma 2. A tal proposito, si può valutare l’opportunità di individuare
un unico portale telematico cui fare riferimento per l’assolvimento degli obblighi di pubblicazione.
L’introduzione del comma 2-bis consentirebbe di far decorrere i termini per eventuali
impugnazioni in sede giurisdizionale da parte di soggetti interessati dalla data di pubblicazione del
provvedimento sui siti web.
Art. 24
(Gestione acque sotterranee emunte)
“L’articolo 243 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 e smi è sostituito dal seguente:
“Art. 243 Gestione delle acque sotterranee emunte
1. Nei casi in cui le acque di falda contaminate determinano una situazione di rischio sanitario, oltre
alla eliminazione della fonte di contaminazione ove possibile e economicamente sostenibile, devono
essere adottate misure di attenuazione della diffusione della contaminazione conformi alle finalità
generali e agli obiettivi di tutela, conservazione e risparmio delle risorse idriche stabiliti dalla Parte
III del presente decreto.
2. Gli interventi di conterminazione fisica o idraulica con emungimento e trattamento delle acque di
falda contaminate, sono ammessi solo nei casi in cui non è altrimenti possibile eliminare, prevenire
o ridurre a livelli accettabili il rischio sanitario associato alla circolazione e alla diffusione delle
stesse. Nel rispetto dei principi di risparmio idrico di cui al comma precedente, in tali evenienze
deve essere valutata la possibilità tecnica di utilizzazione delle acque emunte nei cicli produttivi in
esercizio nel sito stesso o ai fini di cui al comma 6.
3. Ove non si proceda secondo quanto previsto ai commi precedenti, l’immissione di acque emunte
in corpi idrici superficiali o in fognatura deve avvenire previo trattamento depurativo da effettuarsi
presso apposito impianto di trattamento delle acque di falda o presso gli impianti di trattamento
delle acque reflue industriali esistenti ed in esercizio in loco, che risultino tecnicamente idonei.
4. Le acque emunte convogliate tramite un sistema stabile di collettamento che collega senza
soluzione di continuità il punto di prelievo di dette acque con il punto di immissione delle stesse,
previo trattamento di depurazione, in corpo ricettore, sono assimilate alle acque reflue industriali
che provengono da uno scarico e come tali soggette al regime di cui alla Parte III del presente
decreto.
5. In deroga a quanto previsto dal comma 1 dell’articolo 104 , ai soli fini della bonifica delle acque
sotterranee, è ammessa la reimmissione, previo trattamento, delle acque sotterranee nello stesso
acquifero da cui sono emunte. Il progetto previsto all’articolo 242 deve indicare la tipologia di
trattamento, le caratteristiche quali-quantitative delle acque reimmesse, le modalità di reimmissione
e le misure di messa in sicurezza della porzione di acquifero interessato dal sistema di
estrazione/reimmissione. Le acque emunte possono essere reimmesse, anche mediante reiterati cicli
26
di emungimento e reimmissione, nel medesimo acquifero ai soli fini della bonifica dello stesso,
previo trattamento in idoneo impianto che ne riduca in modo effettivo la contaminazione, e non
devono contenere altre acque di scarico né altre sostanze.
6. In ogni caso le attività di cui ai commi 2, 3, 4, e 5 devono garantire un’effettiva riduzione dei
carichi inquinanti immessi nell’ambiente; a tal fine i valori limite di emissione degli scarichi degli
impianti di trattamento delle acque di falda contaminate emunte sono determinati in massa.
Relazione
La disposizione in oggetto riscrive la disciplina relativa alla gestione delle acque di falda
nell’ambito del Titolo V del D.lgs. n. 152/2006 relativo alla bonifica dei siti contaminati secondo
una nuova impostazione secondo la quale l’emungimento con conseguente scarico in corpo idrico
superficiale è una soluzione residuale, praticabile solo ove non sia possibile riutilizzare le acque in
un ciclo industriale o per il riciclo delle stesse in falda a scopo di bonifica. Qualora le anzidette
soluzioni non siano praticabili il trattamento delle acque di falda ai fini dello scarico in corpo idrico
superficiale dovrà garantire un effettivo abbattimento dei livelli di contaminazione immessi
nell’ambiente, e non un mero trasferimento di contaminati. Le acque emunte convogliate tramite un
sistema stabile di collettamento che collega senza soluzione di continuità il punto di prelievo di
dette acque con il punto di immissione delle stesse, previo trattamento di depurazione, in corpo
ricettore, sono assimilate alle acque reflue industriali che provengono da uno scarico e come tali
soggette al regime di cui alla Parte III del D.lgs. n. 152/06. Si prevede, altresì, che in deroga a
quanto previsto dal comma 1 dell’articolo 104 del D.lgs. n. 152/06, ai soli fini della bonifica delle
acque sotterranee, è ammessa la reimmissione, previo trattamento, delle acque sotterranee nello
stesso acquifero da cui sono emunte. Le acque emunte possono essere reimmesse, anche mediante
reiterati cicli di emungimento e reimmissione, nel medesimo acquifero ai soli fini della bonifica
dello stesso, previo trattamento in idoneo impianto che ne riduca in modo effettivo la
contaminazione, e non devono contenere altre acque di scarico né altre sostanze. In ogni caso le
attività di gestione delle acque di falda devono garantire un’effettiva riduzione dei carichi inquinanti
immessi nell’ambiente; a tal fine i valori limite di emissione degli scarichi degli impianti di
trattamento delle acque di falda contaminate emunte sono determinati in massa.
Art. 25
(Semplificazioni delle procedure di bonifica siti contaminati)
1. Al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, Parte IV, Titolo V, sono apportate le seguenti
modifiche:
a) All’art. 239, al comma 1, in fine aggiungere le seguenti parole <,al fine di prevenire, eliminare e
ridurre i rischi sanitari causati dalla contaminazione. Resta fermo l’obbligo di provvedere alla
riparazione del danno ambientale a carico del responsabile della contaminazione, ai sensi e per gli
effetti della Parte VI del presente decreto>
b) All’articolo 240, comma 1, lettera n) le parole <con attività in esercizio> sono sostituite dalla
parola <industriale>
c) All’articolo 242 aggiungere un comma < 7-bis – I progetti di messa in sicurezza operativa, di
messa in sicurezza permanente e di bonifica devono essere presentati completi di tutti gli elaborati
progettuali relativi alle opere e alle attività previste dagli stessi. Al fine di accelerare le procedure di
approvazione degli interventi disciplinati da presente Titolo V, l’analisi di rischio, e i progetti di
messa in sicurezza operativa, di messa in sicurezza permanente e di bonifica possono essere
presentati, con le modalità di cui al periodo precedente, congiuntamente alla presentazione dei
risultati della caratterizzazione e in coerenza con la stessa>
27
d). All’articolo 242 aggiungere un comma <13-bis – Nei siti contaminati, in attesa degli interventi
di bonifica e di riparazione del danno ambientale, possono essere effettuati tutti gli interventi di
manutenzione ordinaria e straordinaria, di infrastrutturazione primaria e secondaria, nonché quelli
richiesti dalla necessità di adeguamento a norme di sicurezza, e più in generale tutti gli altri
interventi di gestione degli impianti e del sito funzionali e utili all’operatività degli impianti
produttivi ed allo sviluppo della produzione. La realizzazione di tali interventi deve essere
preventivamente comunicata all’autorità titolare del procedimento di bonifica al fine di verificare
che tali interventi non pregiudichino in alcun modo gli obiettivi di tutela sanitaria e di riparazione
delle acque. >
e). All’articolo 240, comma 1, lettera o) messa in sicurezza permanente, dopo le parole <in modo
definitivo le fonti inquinanti> aggiungere <, ivi compresi rifiuti stoccati,> e dopo le parole <per le
persone e per l’ambiente> aggiungere <,qualora si dimostri, che nonostante l’applicazione delle
migliori tecnologie disponibili a costi sopportabili e ridotto impatto ambientale, non sia possibile la
rimozione delle fonti>; aggiungere, inoltre alla fine il seguente periodo:<Nel caso in cui la fonte
inquinante sia costituita da rifiuti si applicano le norme tecniche, finanziarie ed amministrative e le
garanzie previste dalla normativa per il controllo e la gestione delle discariche dopo la chiusura.>
Relazione
La disposizione di cui alla lettera a) ha lo scopo di chiarire che tutti gli interventi disciplinati dal
titolo V del D.lgs. 152/06 hanno l’obiettivo di tutelare la salute (prevenire, eliminare e ridurre i
rischi sanitari derivanti dalla contaminazione) e non la riparazione delle matrici ambientali, che
resta attratta al campo di applicazione della disciplina del danno ambientale di cui alla Parte VI del
D.lgs. 152/2006. L’effetto principale di questa impostazione è di porre sullo stesso piano gli
interventi di messa in sicurezza operativa, messa in sicurezza permanente e bonifica: tutti sono
parimenti finalizzati a tutelare la salute. Ciò che continua a differenziare detti interventi sono gli
obblighi che restano in capo al titolare/gestore dell’area, in particolare la messa in sicurezza
operativa e la messa in sicurezza permanente impongono una continua verifica delle misure di tutela
della salute interna ed esterna al sito tramite attività di monitoraggio.
La disposizione di cui alla lettera b) modifica la definizione di “messa in sicurezza operativa”
limitando tale insieme di interventi ai siti “industriali” in quanto si ritiene che la messa in sicurezza
operativa sia quella più compatibile con un utilizzo ai fini produttivi del sito. Infatti, in tali siti la
permanenza e il lavoro delle persone è e può essere sottoposto a particolari modalità e precauzioni.
La situazione, invece è diversa nei casi in cui l’area sia aperta al pubblico in quanto destinata ad usi
residenziali (abitazioni) o commerciali (ristoranti, centri commerciali, negozi, ecc.).
La disposizione di cui alla lettera c) ha lo scopo di velocizzare le procedure di approvazione della
conclusione degli dei progetti di messa in sicurezza e bonifica imponendo all’interessato di
presentare l’analisi di rischio dei progetti contestualmente ai risultati della caratterizzazione
effettuata sul sito.
La disposizione di cui alla lettera d) prevede la possibilità di riutilizzare il sito in attesa degli
interventi di bonifica e di riparazione del danno ambientale. Tale norma si coordina con quella
contenuta nel comma 9 del medesimo articolo 242. Anche in questa disposizione la compatibilità
dell’intervento non è valutata con riferimento agli obiettivi di bonifica, proprio in quanto sono
considerati coerenti rispetto agli obiettivi di tutela della salute anche gli interventi di messa in
sicurezza permanente e operativa. In considerazione degli obiettivi di tutela sanitaria di tutti gli
interventi disciplinati dal Titolo V della Parte IV del D.lgs. 152/2006, la compatibilità è valutata con
riferimento alle esigenze di tutela della salute e, per le sole acque, ai necessari interventi di
riparazione a carico del responsabile del danno ambientale.
La disposizione di cui alla lettera e), in coerenza con quanto disciplinato dalle lettere precedenti,
aggiorna la definizione di “messa in sicurezza permanente” da applicare nella materia relativa alle
bonifiche di siti contaminati. In particolare, si prevede che tra le fonti inquinanti da isolare in modo
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definitivo, rispetto alle matrici ambientali circostanti, siano ricompresi i rifiuti stoccati e che la
messa in sicurezza permanente sia realizzabile qualora si dimostri, che nonostante l’applicazione
delle migliori tecnologie disponibili a costi sopportabili e ridotto impatto ambientale, anche ove non
sia possibile la rimozione delle fonti.
Art. 26
(Terre e rocce da scavo – Cantieri di minori dimensioni)
1. Nel caso contemplato dall’articolo 266, comma 7, del decreto legislativo n. 152 del 2006 e
successive modificazioni, diversamente da quanto previsto dal decreto di cui all’articolo 49 del
decreto legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito con modificazioni dalla legge 24 marzo. 2012, n.
27, i materiali da scavo prodotti nel corso di attività e interventi autorizzati in base alle norme
vigenti sono sottoposte al regime di cui all’articolo 184 bis se il produttore dimostra:
a) che la destinazione all’utilizzo è certa, direttamente presso un determinato sito o un
determinato ciclo produttivo;
b) che per i materiali che derivano dallo scavo non sono superate le Concentrazioni Soglia di
Contaminazione di cui alle colonne A e B tabella 1 allegato 5, al titolo V parte IV del decreto
legislativo n. 152 del 2006 e s.m.i., con riferimento alla specifica destinazione d’uso urbanistica del
sito di destinazione;
c) che l’utilizzo in un successivo ciclo di produzione non determina rischi per la salute né
variazioni qualitative o quantitative delle emissioni rispetto al normale utilizzo di altre di materie
prime;
2. Il produttore può attestare il rispetto delle condizioni di cui al comma 1 anche tramite
dichiarazione resa alla Provincia territorialmente competente ai sensi e per gli effetti di cui al DPR
n. 445 del 2000, precisando le quantità destinate all’utilizzo, i tempi previsti per l’utilizzo e il sito di
deposito, che non può comunque superare un anno dalla data di produzione, fermo restando che
l’attività di scavo e di utilizzo devono essere autorizzate in conformità alla vigente disciplina
urbanistica e igienico sanitaria.
3. Il produttore deve in ogni caso confermare alla Provincia che le terre e rocce da scavo sono state
completamente utilizzate secondo le previsioni iniziali.
4. L’utilizzo delle terre e rocce da scavo come sottoprodotto resta assoggettato al regime proprio dei
beni e dei prodotti. A tal fine il trasporto di tali materiali è accompagnato dal documento di
trasporto o da copia del contratto di trasporto redatto in forma scritta o dalla scheda di trasporto di
cui agli articoli 6 e 7-bis del DLgs 286/05.
Relazione
La disposizione in oggetto è volta a dare attuazione a quanto previsto dall’articolo 266, comma 7,
del D.lgs. 152/06 in materia di materiali di scavo derivanti dalle attività dei cantieri di piccole
dimensioni, prevedendo che i suddetti materiali possono essere assoggettati alla disciplina dei
sottoprodotti ricorrendo le condizioni di cui alle lettere a), b) e c) che possono essere attestate dal
produttore mediante autocertificazione. Sono, altresì, dettate disposizione semplificatorie per
consentirne il trasporto.
Art.27
(Norme in materia di esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici)
1. Fermo restando che, per quanto non espressamente disciplinato dal presente articolo, restano
vigenti le disposizioni contenute nel decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 8 luglio 2003
recante “Fissazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità per
29
la protezione della popolazione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici
generati a frequenze comprese tra 100 kHz e 300 GHz”, si prevede che:
a) i valori di attenzione indicati nella tabella 2 all’allegato B del citato decreto del Presidente del
Consiglio dei Ministri 8 luglio 2003 si assumono a titolo di misura di cautela per la protezione da
possibili effetti a lungo termine eventualmente connessi con le esposizioni ai campi generati alle
suddette frequenze;
a.1) all’interno di edifici utilizzati come ambienti abitativi con permanenze continuative non
inferiori a quattro ore giornaliere;
a.2) solo nel caso di utilizzazione come ambienti abitativi per permanenze non inferiori a quattro
ore continuative giornaliere, nelle pertinenze esterne quali balconi, terrazzi e cortili (esclusi i tetti
anche in presenza di lucernai ed i lastrici solari con funzione prevalente di copertura,
indipendentemente dalla presenza o meno di balaustre o protezioni anti-caduta e di pavimentazione
rifinita, di proprietà comune dei condomini);
b) nel caso di esposizione a impianti che generano campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici
con frequenza compresa tra 100 kHz e 300 GHz, non devono essere superati i limiti di esposizione
di cui alla tabella 1 dell’allegato B del citato decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 8
luglio 2003, intesi come valori efficaci. Tali valori devono essere rilevati ad un’altezza di m. 1,50
sul piano di calpestio e mediati su qualsiasi intervallo di sei minuti. I valori di cui al comma 1,
lettera a) del presente articolo, invece, devono essere rilevati ad un’altezza di m. 1,50 sul piano di
calpestio e sono da intendersi come media dei valori nell’arco delle 24 ore;
c) ai fini della progressiva minimizzazione della esposizione ai campi elettromagnetici, i valori di
immissione dei campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici generati a frequenze comprese tra 100
kHz e 300 GHz, calcolati o misurati all’aperto nelle aree intensamente frequentate, non devono
superare i valori indicati nella tabella 3 dell’allegato B del citato decreto del Presidente del
Consiglio dei Ministri 8 luglio 2003, detti valori devono essere determinati ad un’altezza di m 1,50
sul piano di calpestio e sono da intendersi come media dei valori nell’arco delle 24 ore;
d) le tecniche di misurazione e di rilevamento dei livelli di esposizione da adottare sono quelle
indicate nella norma CEI 211-7 o specifiche norme emanate successivamente dal CEI. Ai fini della
verifica mediante determinazione del mancato superamento del valore di attenzione e dell’obiettivo
di qualità si potrà anche fare riferimento, per l’identificazione dei valori mediati nell’arco delle 24
ore, a metodologie di estrapolazione basate sui dati tecnici e storici dell’impianto. Le tecniche di
calcolo previsionale da adottare sono quelle indicate nella norma CEI 211-10 o specifiche norme
emanate successivamente dal CEI. Ai fini della verifica attraverso stima previsionale del valore di
attenzione e dell’obiettivo di qualità, le istanze previste dal Decreto Legislativo n. 259/2003 saranno
basate su valori mediati nell’arco delle 24 ore, valutati in base alla riduzione della potenza massima
al connettore d’antenna con appositi fattori che tengano conto della variabilità temporale
dell’emissione degli impianti nell’arco delle 24 ore. Questi fattori di riduzione della potenza
saranno individuati in apposite Linee Guida predisposte dall’ISPRA e dalle ARPA/APPA secondo
le modalità di seguito indicate. Per la verifica dei valori di attenzione devono essere individuate le
pertinenze esterne degli edifici, di cui alla lettera a) del presente articolo, solo nel caso di
utilizzazione come ambienti abitativi per permanenze non inferiori a quattro ore continuative
giornaliere. Laddove siano assenti pertinenze esterne con tali caratteristiche, i calcoli previsionali
dovranno tenere in conto dei valori di assorbimento del campo elettromagnetico da parte delle
strutture degli edifici così come definiti nelle suddette Linee Guida. Gli operatori forniscono
all’ISPRA e alle ARPA/APPA i dati di potenza degli impianti secondo le modalità contenute nelle
medesime Linee Guida. Tali dati dovranno rappresentare le reali condizioni di funzionamento degli
impianti. Eventuali condizioni di funzionamento anomalo degli impianti dovranno essere
tempestivamente segnalate agli organi di controllo e di vigilanza sanitaria e ambientale di cui
all’art. 14 della legge 22 febbraio 2001, n. 36. L’ISPRA e le ARPA/APPA provvedono, in
attuazione del presente decreto, alla elaborazione di Linee Guida che saranno approvate dal
Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare con apposito Decreto Dirigenziale
30
entro 60 giorni dall’emanazione del presente decreto. Tali Linee Guida potranno essere soggette ad
aggiornamento con periodicità semestrale su indicazione del Ministero dell’Ambiente e della Tutela
del Territorio e del Mare, che provvederà alla relativa approvazione.
2. Le sanzioni amministrative relative al superamento dei limiti di esposizione e dei valori di
attenzione stabiliti dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 8 luglio 2003 recante
“Fissazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità per la
protezione della popolazione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici
generati a frequenze comprese tra 100 kHz e 300 GHz”, al mancato rispetto dei limiti e dei tempi
previsti per l’attuazione dei piani di risanamento, sono irrogate dalle regioni territorialmente
competenti.
3. Le sanzioni amministrative relative al superamento dei limiti di esposizione e dei valori di
attenzione stabiliti dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 8 luglio 2003 recante
“Fissazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità per la
protezione della popolazione dalle esposizioni ai campi elettrici e magnetici alla frequenza di rete
(50 Hz) generati dagli elettrodotti”, al mancato rispetto dei limiti e dei tempi previsti per
l’attuazione dei piani di risanamento, sono irrogate dalle regioni territorialmente competenti.
Relazione
Il settore delle telecomunicazioni è caratterizzato da una elevata propensione all’innovazione
tecnologica in grado di creare nuovi prodotti e servizi, soddisfare nuove esigenze ed incrementare la
produttività delle imprese e della Pubblica Amministrazione. Infatti, tra le nuove opportunità offerte
dal progresso tecnologico saranno presenti servizi per le aziende e le pubbliche amministrazioni che
consentiranno di usare le telepresenza favorendo il telelavoro, la telemedicina, l’e-commerce etc., a
tutto vantaggio di un sensibile aumento della produttività e della qualità della vita.
Tali servizi richiederanno però grandi capacità trasmissive con la conseguente necessità di
potenziare ed aggiornare le reti di comunicazione elettronica del Paese favorendo una nuova
stagione di sviluppo delle telecomunicazioni mobili, anche nell’ottica dello sviluppo delle reti di
quarta generazione o LTE (Long Term Evolution), le cui prestazioni saranno di gran lunga superiori
a quelle attuali.
Le reti di quarta generazione (LTE) consentiranno, infatti, un deciso salto di qualità nel settore delle
telecomunicazioni che, oltre a rappresentare un comparto improntato da una notevole propensione
all’innovazione tecnologica, risulta essere ancora oggi un settore capace di convogliare investimenti
notevolissimi a tutto vantaggio del sistema Paese come peraltro recentemente dimostrato nel corso
dell’asta per l’assegnazione delle frequenze per la tecnologia 4G.
L’asta per le frequenze evidenzia, inoltre, che nonostante la grave crisi economica globale tale
settore intende concretamente portare a compimento una nuova fase di investimento infrastrutturale
nel settore delle TLC di cui il Paese ha urgentemente bisogno.
La necessità di favorire gli investimenti nel settore è stata avvertita sia dal legislatore comunitario
(direttive 2009/1 36/CE e 2009/140/CE) che da quello nazionale (D. Lgs. n. 25912003
recante”Codice delle Comunicazioni Elettroniche”) che, da ultimo, è intervenuto con ulteriori
norme volte a semplificare le procedure autorizzatorie per alcune tipologie di impianti (art. 87 bis
D. Lgs n. 259/03 ed art. 35 Decreto legge 98/2011, convertito con legge n. 111/2011).
Per completare quest’opera di semplificazione normativa si rende, altresì, necessario un intervento
che consenta di aggiornare e chiarire alcuni aspetti del DPCM 8 luglio 2003, recante il regolamento
di attuazione della legge quadro sui campi elettromagnetici (legge n. 36/2001), mettendo a frutto il
patrimonio di esperienze maturate in quasi un decennio da parte delle Arpa, della Fondazione Ugo
Bordoni, dell’ISPRA e del CEI.
31
Attraverso l’introduzione di metodiche di misurazione univoche e di riferimenti a normative
tecniche di settore gli operatori di comunicazione elettronica potranno, infatti, procedere alle
necessarie attività di razionalizzazione e modernizzazione della rete potendo operare in quadro
normativo più chiaro e definito. Peraltro nella maggior parte dei casi si tratta di norme tecniche
univocamente già applicate da molti degli organi preposti al controllo sul territorio.
Inoltre, appare opportuno introdurre, in questa tematica caratterizzata da una costante e frenetica
evoluzione tecnologica, una modalità di autoadattamento alle esperienze ed alle evoluzioni raccolte
e validate da organismi tecnico amministrativi di riferimento generale, ferma restando l’indicazione
dei valori limite in capo all’organo politico amministrativo.
Art. 28
(Materiali di riporto)
1. All’art. 3 del decreto legge 2/2012, come convertito dalla legge 28/2012, i commi 2 e 3 sono
sostituiti dai seguenti:
“2. Ai fini dell’applicazione del presente articolo, per matrici materiali di riporto si intendono i
materiali eterogenei, utilizzati per la realizzazione di riempimenti e rilevati, non assimilabili per
caratteristiche geologiche e stratigrafiche al terreno in situ, all’interno dei quali possono trovarsi
materiali estranei quali residui di lavorazioni industriali e residui in generale, come, a mero titolo
esemplificativo, materiali di demolizione, materiali litoidi, pietrisco tolto d’opera, conglomerati
bituminosi e non, scorie spente, loppe di fonderia, detriti e fanghi di lavorazione e lavaggio di inerti.
3. Fino alla data di entrata in vigore del decreto di cui all’art. 49 del decreto legge 24 /01/2012 n. 1,
convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012 n. 27, le matrici materiali di riporto,
eventualmente presenti nel suolo di cui all’art. 185 comma 4, del decreto legislativo 3 aprile 2006,
n. 152, e successive modificazioni, sono considerate sottoprodotti solo se ricorrono le condizioni di
cui all’articolo 184-bis del citato decreto legislativo n. 152 del 2006.
4. Il suolo, in presenza di materiali di riporto, qualora potenzialmente contaminato, viene
caratterizzato con le modalità definite dall’allegato 2 al titolo V parte IV del d.lgs 152/2006,
realizzando, in caso di superamento delle concentrazioni soglia di contaminazione (di cui alle
colonne A e B della tabella 1 all’allegato V Titolo V della parte IV del d.lgs 152/2006) eventuali
approfondimenti analitici, mediante test di cessione, sul materiale di origine antropica contenuto nei
riporti, al fine di individuare l’eventuale presenza di sorgenti di contaminazione.”
Relazione
La disposizione in oggetto riscrive parte della disciplina in tema di matrici materiali di riporto
dettata dall’articolo 3 del decreto legge 2/2012, come convertito dalla legge 28/2012 chiarendo la
definizione delle stesse matrici materiali di riporto e prevedendo che, fino alla data di entrata in
vigore del decreto di cui all’art. 49 del decreto legge n. 1/2012, convertito, con modificazioni, dalla
legge 24 marzo 2012 n. 27, le stese matrici, eventualmente presenti nel suolo di cui all’art. 185
comma 4, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, sono
considerate sottoprodotti. Vengono inoltre dettate specifiche disposizioni per la caratterizzazione
del suolo frammisto a materiali di riporto in ipotesi di potenziale contaminazione del medesimo.
Art. 29
(Norme di semplificazione in materia di Valutazione di Impatto Ambientale)
1. All’articolo 104 del decreto legislativo 3 aprile 2006 n.152, dopo il comma 8 è aggiunto il
seguente:
32
“8 bis. Per gli interventi assoggettati a valutazione di impatto ambientale, nazionale o regionale, le
autorizzazioni di cui ai commi 5 e 7 sono istruite e rilasciate dalla stessa autorità competente per il
provvedimento che conclude il procedimento di valutazione di impatto ambientale”.
2. All’articolo 109 del decreto legislativo 3 aprile 2006 n.152, dopo il comma 5 è aggiunto il
seguente:
“5 bis. Per gli interventi assoggettati a valutazione di impatto ambientale, nazionale o regionale, le
autorizzazioni di cui ai commi 2 e 5 sono istruite e rilasciate dalla stessa autorità competente per il
provvedimento che conclude il procedimento di valutazione di impatto ambientale”.
Relazione
Le norme contenute nel presente articolo hanno lo scopo di evitare che per una stessa opera il
richiedente debba continuare ad instaurare due diversi procedimenti a due diversi Uffici del
Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare: la Direzione generale per le
Valutazioni Ambientali (che fa la VIA) e la Direzione generale per la Protezione della Natura e del
Mare [titolata per le autorizzazioni sia ex art. 104 (acque di strato delle piattaforme) che ex art. 109
(cavi e condotte)]. Le soluzioni proposte si riverbererebbero positivamente anche a livello
regionale, ove vengono assorbite e ricomprese tutte le altre autorizzazioni. Sono due vere
semplificazioni a costo zero. Non sono previsti oneri, ma anzi risparmi per l’Amministrazione (che
unirebbe tutte istanze in un unico procedimento) e soprattutto per le imprese, che guadagnerebbero
tempi oggi determinabili nell’ordine di mesi.
Art. 30
(Accelerazione e semplificazione del procedimento di Autorizzazione Integrata Ambientale)
1. Al fine di accelerare la definizione dei procedimenti di autorizzazione integrata e garantire il
rispetto dei tempi di adozione dei relativi provvedimenti, al D. Lgs. 152/2006 sono apportate le
seguenti modificazioni:
a) L’articolo 7, comma 5 è sostituito dal seguente: “5. In sede statale, l’autorità competente è il
Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare. Il provvedimento di VIA e il parere
motivato in sede di VAS sono espressi dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del
mare di concerto con il Ministro per i beni e le attività culturali, che collabora alla relativa attività
istruttoria. Il provvedimento di AIA è rilasciato dal Ministro dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare.”
b) All’art. 29-ter, comma 1, viene aggiunta la seguente lettera: “m) l’elenco delle autorizzazioni
ambientali in concreto necessarie per l’attivazione dell’impianto”.
c) All’articolo 29-ter, il comma 4 è sostituito dal seguente:
“4. Allo scopo di favorire la completezza e la qualità delle istanze presentate dai proponenti,
necessarie per assicurare tempi certi per lo svolgimento dei procedimenti finalizzati al rilascio o al
diniego dell’autorizzazione integrata ambientale, entro trenta giorni dalla presentazione della
domanda, l’autorità competente verifica la conformità della stessa e della documentazione allegata.
Per gli impianti di competenza statale la verifica è effettuata con riferimento al formato e alle
modalità stabiliti con il decreto di cui all’articolo 29-duodecies, comma 2. Qualora l’autorità
competente ravvisi la non conformità della domanda ai sensi del periodo precedente, questa viene
dichiarata improcedibile. Entro tre mesi dalla ricezione della comunicazione della improcedibilità,
il proponente può rendere la domanda conforme ai sensi del primo periodo del presente comma.
Qualora questo termine decorra inutilmente, l’istanza si intende ritirata. Sulla domanda che sia stata
adeguata dal proponente entro e non oltre il termine di cui al periodo precedente, la nuova verifica
di conformità è effettuata, nei tempi e nei modi di cui al primi due periodi del presente comma. Con
decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, d’intesa con la conferenza stato regioni su
proposta del ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, è adottato, ai fini della
33
verifica di conformità, il formato unificato per la presentazione all’autorità competente delle
domande di autorizzazione integrata ambientale di competenza regionale”.
d) All’articolo 29-ter, dopo il comma 4 sono inseriti i seguenti:
“5. Per le verifiche di cui al comma precedente, nel caso di impianti di competenza statale, la
verifica è effettuata dalla Commissione istruttoria per l’AIA-Ippc, che si può allo scopo avvalere
dell’ISPRA, il quale vi provvede con le risorse umane e finanziarie disponibili a legislazione
vigente.
6. Tutti i termini previsti dalla legge o definiti dall’autorità competente, nell’ambito dei
procedimenti finalizzati al rilascio o al diniego dell’autorizzazione integrata ambientale, si
considerano in ogni caso perentori. Si considerano tali anche i termini stabiliti dal decreto con il
quale, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il Ministro
dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare disciplina lo svolgimento del procedimento di
competenza della Commissione di cui all’articolo 8-bis.”
e) All’articolo 29-quater, il primo periodo del comma 3 è sostituito dal seguente:
“3. L’autorità competente, ai sensi dell’art. 2, comma 6, della legge n. 241/1990., una volta
verificata l’idoneità della domanda ai sensi dell’art. 29-ter, comma 4, comunica l’avvio del
procedimento indicando anche la data di conclusione del procedimento.”
f) All’art. 29-quater, comma 11, le parole “norme settoriali.” Sono sostituite dalle seguenti: “norme
settoriali, nonchè tutti gli atti di assenso comunque denominati di competenza delle amministrazioni
partecipanti alla conferenza dei servizi, elencati dal proponente ai sensi dell’art. 29-ter, comma 1,
lett. h) del presente decreto. La durata delle singole autorizzazioni ambientali sostituite
dall’autorizzazione integrata ambientale è la medesima dell’autorizzazione integrata ambientale a
cui accedono, come stabilita all’art. 29-octies, comma 1.”
Relazione
Il comma 1, lett. a) allo scopo di semplificare ed accelerare le procedure per il rilascio dei
provvedimenti di VIA e di parere di VAS, viene soppresso l’obbligo di acquisire il parere dei
Ministeri diversi da quelli concertanti introdotto dal d. lgs. N. 128 del 2010.
La lettera b) del medesimo comma precisa ulteriormente il contenuto della domanda da presentare
per il rilascio dell’AIA.
La lettera c) modifica l’articolo 29 ter, comma 4, prevedendo disposizioni semplificatorie per la
verifica di completezza e correttezza di presentazione della domanda da presentare per il rilascio
dell’AIA.
La lettera d) prevede che per le anzidette verifiche, nel caso di impianti di competenza statale, la
verifica è effettuata dalla Commissione istruttoria per l’AIA-Ippc, che si può allo scopo avvalere
dell’ISPRA.
La lettera e) precisa che l’autorità competente, ai sensi dell’art. 2, comma 6, della legge n.
241/1990 e s.m.i., una volta verificata l’idoneità della domanda ai sensi dell’art. 29-ter, comma 4,
comunica l’avvio del procedimento indicando anche la data di conclusione del procedimento allo
scopo di garantire una tempestività nella definizione del procedimento.
La lettera f) prevede che le AIA, rilasciate ai sensi del decreto legislativo n. 152/06, sostituiscono
ad ogni effetto anche tutti gli atti di assenso comunque denominati di competenza delle
amministrazioni partecipanti alla conferenza dei servizi.
MISURE IN MATERIA ALIMENTARE
Art. 31
(Soppressione della tenuta specifica per l’utilizzo di alcol etilico ad accisa assolta)
34
1. Per le imprese che utilizzano alcool etilico a scopo alimentare ad accisa assolta, come
disciplinato dal decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, è abolito l’obbligo di tenuta della
contabilità specifica eseguita sia su registri cartacei che informatici.”
Relazione
Tale proposta di modifica richiede la soppressione dell’obbligo della contabilità UTF per le imprese
alimentari che utilizzano alcool etilico per uso alimentare ad accisa assolta.
Per alcuni tipi di materie prime tra cui l’alcool etilico l’Erario esige il pagamento dell’accisa.
Pertanto gli stabilimenti che utilizzano questa materia prima ad accisa assolta pagano l’alcool al
produttore (distilleria) o al grossista (deposito fiscale) comprensivo dell’accisa che lo stesso
provvede a destinare all’Erario.
Non solo, ma i predetti stabilimenti sono obbligati alla tenuta di registri cartacei ed informatici di
una complessità e farraginosità al limite del comprensibile in cui vengono richiesti tanti dati inutili e
di borbonica memoria tali da mettere in forte difficoltà le aziende più piccole, penalizzate dalle
incombenze burocratiche tra l’altro anche di totale inutilità.
In pratica non esiste nessun motivo valido per caricare le aziende di una tale mole di incombenze
burocratiche per controllare una materia prima, quale l’alcool ad uso alimentare, che, con
l’assolvimento dell’accisa dovuta, perde quella valenza di rigoroso controllo che aveva prima del
pagamento del tributo.
La soppressione, dunque, dell’obbligo di detenere contabilità specifiche con registri sia cartacei che
informatici per quelle imprese che utilizzano alcool etilico a scopo alimentare ad accisa assolta, non
produrrebbe alcun danno per l’Erario con una serie di vantaggi quali:
1) un alleggerimento del personale dell’Agenzia delle Dogane preposto al controllo, con un notevole
risparmio di mezzi e personale a carico della stessa Agenzia;
3 ) un alleggerimento burocratico per le aziende che potrebbero dedicarsi al loro specifico lavoro
incentivando ricavi, occupazione e in sostanza maggior ricchezza per il Paese.
L’emendamento proposto non necessita di copertura finanziaria.
Art. 32
(Modifica al Decreto legislativo 19 novembre 2008, n. 194, recante “Disciplina delle modalità di
rifinanziamento dei controlli sanitari ufficiali in attuazione del regolamento CE 882/2004”)
1. ’art. 1 del decreto legislativo del decreto legislativo 19 novembre 2008, n. 194, recante
“Disciplina delle modalità di rifinanziamento dei controlli sanitari ufficiali in attuazione del
regolamento (CE n. 882/2004 dopo al comma 3-bis sono aggiunte in fine le seguenti parole:
“nonché gli artigiani e le micro e piccole imprese, come definite dalla raccomandazione della
Commissione Europea 2003/361/CE del 6 maggio 2003, che operano nei settori interessati dai
controlli di cui al comma 1.”.
Relazione
La disciplina del finanziamento dei controlli sanitari ufficiali nel settore alimentare, di cui al decreto
legislativo 194/2008, prevede apposite tariffe che le imprese operanti nel settore della seconda
trasformazione di prodotti primari di origine animale o appartenenti ad altre filiere di
35
trasformazione di prodotti alimentari di origine non animale, sono tenute a versare anche in
mancanza di specifici controlli sanitari. Inoltre, l’entità delle tariffe è calcolata senza tener conto
della dimensione delle imprese, talora senza dipendenti, con bassa capacità produttiva e grado
limitato di rischio, né della relativa posizione geografica.
Il decreto legislativo 19 novembre 2008 n. 194 è stato adottato in attuazione del Regolamento CE
882 del 2004 sulla base della delega contenuta nell’articolo 27 della legge 25 febbraio 2008 n. 34
(Legge comunitaria 2007). Il citato aritcolo 27 , al comma 1) lett. a), prevede, tra i principi e cirteri
direttivi, che “la determinazione delle tariffe sia inidividuata tenendo conto dei criteri indicati
dall’articolo 27 del regolamento (CE) n. 882/2004.” In particolare l’art. 27, comma 5 del
Regolamento CE 882 del 2004 relativo ai controlli ufficiali intesi a verificare la conformità alla
normativa in materia di mangimi e di alimenti ed alle norme sulla salute e sul benessere degli
animali, prevede che:
“Nel fissare le tasse gli Stati membri tengono conto dei seguenti elementi:
Il tipo di azienda del settore interessata ed i relativi fattori di rischio;
Gli interessi delle aziende del settore a bassa capacità produttiva;
I metodi tradizionali impiegati per la produzione, il trattamento e la distribuzione di alimenti;
Le esigenze delle aziende del settore situate in regioni soggette a particolare difficioltà di ordine
geografico”.
Inoltre lo stesso articolo prevede la possibilità per ogni Stato membro di fissare una tassa di livello
inferiore all’importo minimo in alcuni casi specifici.
Il legislatore italiano, nel recepire il regolamento ha aggiunto la Sezione 6 dell’Allegato A, relativa
agli “Stabilimenti non ricompresi nell’Allegato 4 sezione B del Regolamento CE 882/2004”
andando a configurarsi tale inserimento come un chiaro esempio di goldplating, dato che le imprese
italiane vengono sottoposte a normative maggiormente restrittive ed a costi aggiuntivi rispetto al
dettato comunitario.
Tale sezione va a fissare delle tariffe annue forfettarie – che le aziende devono versare entro il 31
gennaio – di un minimo di 400 euro (per la fascia A), ad un massimo di 1.500 euro per la fascia (C),
passando dagli 800 euro per la fascia B.
Il Decreto Legislativo, infatti, all’art. 10, dispone il pagamento di una tariffa forfettaria annua, da
versare entro il 31 gennaio, indipendentemente dall’effettuazione dei controlli, da parte della
generalità delle imprese del settore alimentare, anche di quelle svolgenti attività produttive diverse
da quanto previsto dal Regolamento CE 882/2004.
L’emendamento proposto è diretto ad escludere gli artigiani e i piccoli imprenditori dall’ambito di
applicazione del Dlgs 194/2008 al fine di evitare che imprese di piccola dimensione siano
sottoposte al pagamento di una vera e propria tassa prevista per tutte le aziende di produzione
alimentare che vendono oltre il 50% di prodotto all’ingrosso (così come specificato dalla nota del
Ministero del Lavoro della Salute e delle Politiche Sociali, del 17 aprile 2009 che esclude le
imprese che vendono direttamente al consumatore oltre il 50% della produzione dal pagamento
della tariffa).
Ciò premesso, le micro imprese operanti nel settore alimentare (che non lavorano le carni o i
mangimi, già soggetti ad ulteriori controlli e verifiche anche veterinarie e che non vendono al
dettaglio oltre il 50% della produzione) che sono assoggettate al pagamento di questa tassa annua,
indipendentemente dall’effettuazione di controlli, possono essere quantificate in 10.000 imprese
che, prevalentemente, pagano – considerando che le fasce individuate dalla sezione 6 sono molto
ampie – la tariffa di Fascia A (400 euro).
In tale contesto, l’applicazione indiscriminata della tariffa a carico delle imprese di piccole
dimensioni provoca una distorsione della concorrenza sia in ambito interno, a vantaggio delle realtà
più grandi, sia sul piano comunitario rispetto agli altri Paesi, che – specie in un momento di crisi
come quello attuale – rischia di creare ulteriori difficoltà a settori ed imprese maggiormente
36
rappresentative del made in Italy, specie di minore dimensione, indipendentemente
dall’effettuazione di alcun tipo di controllo.
A tal fine, si richiede l’esclusione di queste imprese al pagamento della tassa, come già previsto, per
altre imprese che pur appartenenti a medesime filiere produttive ma operanti nel settore agricolo
hanno visto il riconoscimento di una specifica esenzione dagli obblighi sopra ricordati, introdotta
con la Legge Comunitaria 2009 (art. 48, comma 5, L. 96/2010).
MISURE IN MATERIA DI PREVENZIONE INCENDI
Art. 33
(Modifica al decreto del Presidente della Repubblica 1 agosto 2011, n. 151)
1. All’articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 1 agosto 2011, n. 151 il comma 6 è
sostituto dal seguente:” 6. Con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro
dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la Conferenza permanente Stato –
Regioni di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, è definita una specifica disciplina dei
procedimenti relativi alla prevenzione incendi per le attività a rischio di incidente rilevante di cui al
decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334.”
Relazione
La disposizione intende completare, sulla base della prima esperienza applicativa, la disciplina
dettata con le nuove norme di semplificazione in materia di prevenzione incendi, prevedendo una
apposita disciplina dei procedimenti relativi alla prevenzione incendi per le attività a rischio di
incidente rilevante di cui al decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334.”
MISURE IN MATERIA DI AGRICOLTURA
Art. 34
(Semplificazioni nel settore agricolo ed agroindustriale)
1. “Nella Parte quinta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 sono apportate le seguenti
modificazioni:
a) alla Parte I dell’Allegato IV:
i. alla lettera m) sono aggiunte, infine, le seguenti parole: “nonché i silos per i cereali”;
ii. dopo la lettera v) è inserita la seguente: “v-bis) Impianti di essicazione di cereali, materiali
vegetali e semi di potenza installata non superiore a 900.000 chilocalorie.”;
iii. dopo la lettera kk) è aggiunta la seguente lettera: “ll) cantine che trasformano fino a 600
tonnellate l’anno di uva”;
b) alla Parte II dell’Allegato IV:
37
i. alla lettera nn) sono soppresse le seguenti parole “in cui il numero di capi potenzialmente
presenti è compreso nell’intervallo indicato, per le diverse categorie di animali, nella
seguente tabella” ed è altresì soppressa la tabella di cui alla stessa lettera nn);
ii. dopo la lettera v), è inserita la seguente: “v-bis: Impianti di essicazione di cereali, materiali
vegetali e semi non ricompresi nella parte I del presente allegato.”;
iii. dopo la lettera oo) è aggiunta la seguente lettera: “pp) cantine che trasformano fino a 1.000
tonnellate l’anno di uva”.”
2. “I trasporti di rifiuti pericolosi e non pericolosi di propria produzione, effettuati direttamente
dagli imprenditori agricoli di cui all’articolo 2135 del codice civile, nei limiti e verso i centri di
cui all’articolo 39, comma 9, del decreto legislativo 3 dicembre 2010, n. 205 e successive
modifiche ed integrazioni, non sono considerati effettuati a titolo professionale e le imprese che
li effettuano non necessitano di iscrizione all’Albo di cui all’articolo 212 del decreto legislativo 3
aprile 2006, n. 152,”.
3. “Entro 90 giorni dall’entrata in vigore del presente decreto le Regioni e le Province autonome di
Trento e Bolzano procedono alla revisione delle zone vulnerabili da nitrati di origine agricola,
anche sulla base dell’analisi dei seguenti elementi:
a) il livello di inquinamento esistente;
b) la tipologia e consistenza delle attività svolte nelle aree che risultano compromesse;
c) le possibili fonti di pressione;
d) eventuali elementi e fonti naturali di inquinamento, preesistenti o indipendenti da quello
antropico;
e) il rapporto di causa ed effetto tra i diversi fattori, vale a dire, l’individuazione di quanto
ciascuno degli elementi (naturali o antropici) incide sull’inquinamento esistente o rischia di
aggravarlo e, quindi, la tipologia ed il livello di inquinamento che ogni fonte di pressione è in
grado di causare.
4. Decorso inutilmente il termine di cui al precedente comma 3, il Consiglio dei ministri esercita il
potere sostitutivo per gli adempimenti di cui al comma 1, ai sensi dell’articolo 8 della legge 5
giugno 2003, n. 131 e successive modificazioni ed integrazioni”.
5. “All’art. 31 del D.Lgs. 10 settembre 2003, n.276 e ss.mm.ii., dopo il comma 3, sono aggiunti i
seguenti commi:
3-bis. Le imprese agricole appartenenti allo stesso gruppo di cui al comma 1, ovvero
riconducibili allo stesso proprietario o a soggetti legati tra loro da un vincolo di parentela o di
affinità entro il terzo grado o collegate con contratto di rete ai sensi dell’articolo 3, comma 4-ter,
del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito dalla legge 9 aprile 2009, n. 33, possono
procedere congiuntamente all’assunzione di lavoratori dipendenti per lo svolgimento di
prestazioni lavorative presso le relative aziende.
3-ter. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da emanarsi entro 120 giorni
dalla pubblicazione del presente Decreto legge, sono definite le modalità con le quali si procede
alle assunzioni congiunte di cui al comma 3-bis.
3-quater. I datori di lavoro rispondono in solido delle obbligazioni contrattuali, previdenziali e di
legge che scaturiscono dal rapporto di lavoro instaurato con le modalità disciplinati dai commi 3-
bis e 3-ter. “
Relazione
Il comma 1 introduce una semplificazione per gli impianti ad inquinamento scarsamente
significativo. Infatti, l’articolo 272, comma 1, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 prevede
che non siano sottoposti ad autorizzazione alle emissioni in atmosfera gli impianti e le attività
elencati nella Parte I e II dell’Allegato IV della Parte V del decreto medesimo. Con riferimento agli
impianti di essicazione di cereali e di altri prodotti agricoli si ritiene pertanto necessario introdurre
38
un regime autorizzatorio semplificato delle emissioni in atmosfera, in considerazione
dell’irrilevanza di tali emissioni.
Il comma 2 esclude dall’obbligo di iscrizione all’Albo nazionale dei gestori ambientali, di cui
all’articolo 212, comma 8, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, gli imprenditori agricoli di
cui all’articolo 2135 del codice civile che effettuano direttamente il trasporto di rifiuti pericolosi e
non pericolosi di propria produzione. Tale semplificazione elimina l’attuale impostazione
restrittiva, pregiudizievole per le piccole imprese e non corrispondente alle disposizioni
comunitarie in materia ed alla relativa giurisprudenza della Corte di Giustizia, che pongono
l’obbligo di iscrizione all’Albo a carico dei soli operatori che effettuano l’attività di trasporto dei
rifiuti (anche se di propria produzione) in modo professionale, vale a dire con sistematicità e
continuità.
Ai commi 3 e 4 si prevedono adeguamenti della normativa relativa alla revisione delle zone
vulnerabili ai nitrati, che attua gli impegni derivanti dall’Accordo Quadro approvato in Conferenza
Stato Regioni nel 2010. In particolare è in corso da parte dell’ISPRA l’analisi delle fonti inquinanti,
che deve consentire il ridisegno delle zone vulnerabili, la cui applicazione comporta rilevanti oneri
a carico delle imprese zootecniche. Per tale ragione, data la necessità di ottemperare alla direttiva
comunitaria ed evitare procedure di infrazione, è necessario individuare tempestivamente e con
esattezza le responsabilità inquinanti e le zone vulnerabili. In caso di inadempienza delle Regioni, si
prevede l’esercizio dei poteri sostitutivi da parte del Governo.
Al comma 5 si prevede la possibilità di assunzioni collettive di lavoratori da parte di gruppi di
imprese. In agricoltura sono diffusi i rapporti di lavoro instaurati tra singoli lavoratori ed una
pluralità di datori di lavoro, facenti capo allo stesso gruppo o riconducibili ad uno stesso
proprietario ovvero ad uno stesso nucleo familiare, fattispecie assimilabile alle reti di imprese
agricole. Si tratta in realtà di imprese che, pur distinte dal punto di vista giuridico, operano di fatto
in modo molto simile ad un’unica impresa. Attualmente queste imprese debbono assumere ciascuna
i propri dipendenti, non essendo possibile procedere ad una assunzione di gruppo. Questa procedura
crea notevoli difficoltà operative in quanto non è sempre agevole individuare preventivamente i
periodi in cui il lavoratore sarà chiamato a prestare la propria opera nelle varie aziende del gruppo,
che sono gestite economicamente come un unicum. Il distacco, peraltro, non è sempre attuabile in
tali circostanze, in quanto possono mancare i requisiti previsti dalla legge (temporaneità ed interesse
del distaccante) ed è difficile gestire correttamente dal punto di vista formale e amministrativo tale
istituto. Sussiste quindi la necessità di consentire l’assunzione congiunta da parte di imprese facenti
capo allo stesso gruppo o riconducibili ad uno stesso proprietario. Analoghe motivazioni sussistono
anche con riferimento alle imprese legate da un contratto di rete ai sensi dell’art. 3, comma 4-ter,
del decreto legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito dalla legge 9 aprile 2009, n. 33. Resta ferma la
responsabilità solidale di tutte le imprese che hanno proceduto all’assunzione nei confronti del
lavoratore e delle amministrazioni previdenziali e fiscali. La norma proposta aggiunge 3 nuovi
commi all’art. 31 del Decreto Legislativo n. 276 del 2003 (cd. Legge Biagi). Dalla disposizione non
discendono nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.